Sì al referendum, i partiti tirano il freno

Il comitato si allontana. Panizza: «Non spetta a noi. Prima le garanzie dal governo». Gilmozzi: «Non politicizzare il voto»


di Chiara Bert


TRENTO. La ministra Maria Elena Boschi aveva riempito la sala dell’Hotel Trento: in molti erano restati fuori al battesimo della campagna referendaria per il sì alla riforma costituzionale. Era il 5 giugno scorso. Ma da allora il fronte del sì sembra essersi appannato, o almeno pare timoroso. E mentre sorgono come funghi comitati per il no, il comitato provinciale del centrosinistra autonomista si allontana.

Doveva nascere a luglio. Il Pd trentino aveva pensato che non fosse il caso di identificare la riforma solo come «la riforma del Pd» (soprattutto, la riforma di Renzi in calo di consensi). Meglio coinvolgere l’intera coalizione al governo della Provincia e, soprattutto, la famosa società civile che all’Hotel Trento si era fatta vedere, qualche imprenditore (non c’era però Confindustria che a livello nazionale è schierata per il sì), sindacalisti, insegnanti, giuristi e politologi. Una base abbastanza eterogenea.

Siamo ad agosto e la nascita del comitato che doveva fare da cappello agli altri comitati spontanei (finora ce ne sono quattro, quello dei giovani Pd, e poi Mori, Isera, Val di Non) è di là da venire. Il segretario del Pd Italo Gilmozzi, in questi giorni in vacanza, annuncia che la prossima settimana sarà di nuovo al lavoro e tirerà le fila: «Vogliamo che nel comitato non ci siano solo i politici, ma la società che pensa che questa riforma fa bene al Paese e al Trentino. Il rischio è che il referendum venga politicizzato e invece questo non è un voto su Renzi». L’idea, spiega a microfoni spenti un esponente Dem, sarebbe di annacquare gli esponenti di partito (segretari, parlamentari) dentro un amalgama più ampio. Il punto è trovare questa società civile disposta a metterci la faccia, e soprattutto accanto ai politici.

Per Elisa Filippi (Pd) «i comitati non sono mai solo di partito, anche come coalizione sarebbe riduttivo, è importante che ci siano tanti mondi anche che non appartengono al centrosinistra». «L’obiettivo che ci dobbiamo porre è di entrare nel merito della riforma, perché allora le argomentazioni del «no» si rivelano debolissime». L’esponente renziana, che fa parte della direzione nazionale, annuncia per il 12 e il 16 agosto due eventi per il sì a Pinzolo e Moena, dove si cercherà di raggiungere anche i turisti. Quanto al Pd, avverte, «mi aspetto coerenza, attenzione a non voler giocare sulla difensiva, questa è una riforma attesa da anni e di cui dobbiamo essere orgogliosi». La convinzione rallenta in casa Patt dove il segretario Franco Panizza, alle prese con un dissenso interno (leggi Kaswalder), spiega: «Il Patt ha votato la riforma costituzionale come tutti i parlamentari del centrosinistra ed è passata in tutti gli organi di partito. Ma il referendum è qualcosa di più del voto in parlamento, investe una comunità. Non ha senso che siano i partiti a fare i comitati, devono essere le associazioni. I partiti fanno le leggi». Ma oltre ai dubbi di metodo sulla campagna referendaria («Io non farò parte di comitati»), c’è un tasto su cui il segretario e senatore del Patt continua a insistere: «Non c’è fretta, non c’è nemmeno ancora una data. Aspettiamo di incontrare Renzi, Boschi o Bressa, probabilmente a settembre, per ottenere le garanzie che abbiamo chiesto sulle norme di attuazione e il futuro della nostra autonomia. Questa non è la nostra riforma, ne avremmo fatta una meno pasticciata. Ma è meglio di niente. Le paure di Kaswalder le abbiamo ogni giorno ma forse non è chiaro che se vincono i no, non si tornerà alla riforma Berlusconi, ma si resta alla situazione attuale, con una tutela in meno per l’autonomia».

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