«Ruby trentina»: i primi risarcimenti

Bighelli e Simenoni staccato ognuno un assegno da 10 mila euro


Mara Deimichei


TRENTO. Ognuno ha depositato un assegno da diecimila euro «guadagnando» nell'immediato la libertà e ponendo un tassello importante verso la possibilità di poter patteggiare due anni di reclusione (con sospensione della pena) per l'accusa di favoreggiamento della prostituzione minorile. Loro sono Michele Bighelli e Fabio Simeoni, protagonisti del «Ruby-gate» trentino. Una decisione questa che probabilmente aprirà la strada anche per gli altri otto indagati nell'operazione «Missouri» che potrebbero scegliere la stessa strada, ossia quella del risarcimento per arrivare quindi a poter patteggiare. Dovendo decidere a chi devolvere il denaro, i due imputati (Bighelli è di Sommacampagna mentre Simeoni è residente a Sirmione) hanno deciso di staccare l'assegno a favore della ragazza al centro dell'inchiesta, ossia la ragazza minorenne di cui avrebbero favorito in vari modi la prostituzione. La giovane da pochi giorni è diventata maggiorenne ma gli episodi che sono al centro dell'indagine dei carabinieri del nucleo operativo di Borgo (coordinati dal sostituto procuratore Davide Ognibene) risalgono ai mesi precedenti, a quando lei era ancora minorenne. Dunque la decisione del gip Carlo Ancona nei confronti di Bighelli e Simeoni risale a pochi giorni fa. Il primo era ai domiciliari, mentre il secondo si trovava ancora in carcere. Dopo la donazione, è stata apposta l'attesa firma che li ha resi di fatto liberi. Fra gli indagati avevano già guadagnato la libertà Alessandro Giunta (allora titolare del Saint Luois di Mezzolombardo che era stato anche sequestrato), Mirko Ravarotto (noto personaggio bolzanino per anni voce delle telecronache delle partite di hockey) e Paula Regina Silva Pereira (artista brasiliana che risiede del veronese). Gli altri sono ancora ai domiciliari e pare che l'ipotesi di una donazione (magari sempre nei confronti della ragazza che è la vittima in questa inchiesta) possa fare scuola fra tutti gli indagati che, lo ricordiamo, erano stati arrestati (c'è chi è finito in cella e chi direttamente ai domiciliari) poco più di due mesi fa ma le indagini erano iniziate a metà dicembre e avevano portato a galla un mondo fatto di incontri sessuali a pagamento frequenti e sparsi a macchia di leopardo in tutta la provincia e non solo. Si inizia a costruire la rete che poi ha portato il gip Carlo Ancona a firmare 10 ordinanze di custodia cautelare 5 in carcere e 5 ai domiciliari. E, punto nodale dell'intera indagine, tutti questi uomini sapevano che la ragazza era minorenne, aspetto che lei stessa ha confermato e che sarebbe emerso anche in alcune intercettazioni. Quattro i trentini coinvolti, assieme ad un bolzanino, a 4 veronesi ed un bresciano. Sono stati anche denunciati alcuni clienti perché è un reato pagare una minorenne per fare sesso.

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