Riforma costituzionale le categorie si dividono

Per il sì industriali e Bort (Unione commercio): «L’Italia va sbloccata» De Laurentis: «No, troppi compromessi». Gios: «Impianto centralista, un errore»


di Chiara Bert


TRENTO. «Non sarà la migliore riforma possibile, ma l’Italia ne ha assoluto bisogno». «No, non basta riformare, quando ci sono troppi compromessi il risultato è una cattiva riforma». In Trentino le categorie economiche si dividono in vista del referendum che a novembre deciderà le sorti della riforma della Costituzione. Per il sì sono schierati gli industriali, ma anche il presidente dell’Unione commercio Gianni Bort («Ma l’associazione non prende posizione», precisa), mentre il presidente degli artigiani Roberto De Laurentis giudica la riforma «maldestra». La Cooperazione per ora non si pronuncia, la vicepresidente vicaria Marina Castaldo prende tempo. Ma Geremia Gios, attorno alla cui candidatura si era riconosciuta l’anno scorso l’anima critica del movimento cooperativo, è orientato per il no: «È una riforma centralista».

In linea con Confindustria nazionale, il presidente di Confindustria Trento Giulio Bonazzi invita a votare convintamente sì: «Non sarà la riforma migliore, il nuovo Senato è sicuramente un compromesso e tante cose andrebbero migliorate, ma piuttosto di niente io dico meglio piuttosto. Le riforme vanno fatte. Sento dire “ma la riforma elettorale potrebbe favorire qualcuno” (il M5S, ndr), ma questo non è un argomento, se sono bravi governano se non saranno bravi la volta dopo perderanno». Non vede rischi di derive autoritarie: «Mi ricorda Farage che diceva che in Europa il sistema sanitario inglese avrebbe pagato una cifra enorme, invece si trattava di pochi milioni. Mi sembrano argomenti solo per spaventare qualcuno. Se uno deve governare deve poter agire sulle leve, questa riforma punta a creare a un sistema che sia in grado di decidere e di rispondere a un mondo globalizzato». E se la riforma venisse affossata? Lo scenario, per Bonazzi, è fosco: «L’economia si è di nuovo piantata. Non bastano i tassi a zero per creare una domanda che non c’è perché l’economia reale non tira. È chiaro che se il governo dovesse cadere, o si fa un governo di unità nazionale che probabilmente non porterebbe a niente, o si andrebbe a votare con l’attuale legge elettorale e ci ritroveremmo con gli stessi problemi di oggi».

Per il sì anche Gianni Bort: «È una valutazione personale, con qualche riserva - precisa il presidente dei commercianti dell’Unione e della Camera di commercio - ma oggi l’Italia è un Paese bloccato, con un assoluto bisogno di riforme. Il bicameralismo perfetto non ce l’ha nessuno, un Paese moderno è un Paese con istituzioni che consentano di prendere decisioni in modo rapido. Abbiamo 20 milioni di occupati su 60 milioni di abitanti, uno su 3, mentre la Germania è a 1 su due. Possiamo andare avanti con questi numeri?».

Diversa la lettura di Roberto De Laurentis: «Sono convinto che le istituzioni si debbano riformare ma questa non è una buona riforma, è un tentativo di cambiare le cose finito sotto una montagna di compromessi. Il Senato è ridotto a comprimario». Il presidente dell’Associazione artigiani spiega di non aver ancora deciso cosa votare: «Sono favorevole al cambiamento ma non così maldestro. Dopo una partenza bruciante, Renzi mi sembra si sia adeguato all’andazzo della politica. Non ho voglia di andare a votare contro Renzi, andrebbe mandato via chi è lì solo per il potere, gli Alfano e i Verdini. Ma neanche voglio votare una riforma malfatta». Orientato per il no il professor Geremia Gios anche se, premette, «devo ancora approfondire»: «È una riforma centralista, la tentazione più facile ma anche la cosa più sbagliata da fare nelle fasi di difficoltà». Non danno indicazione di voto i sindacati confederali trentini, anche se a livello nazionale la Cgil ha bocciato la riforma e la Cisl la sostiene: la scelta, unitaria, è di lavorare sull’informazione ai delegati. Per settembre è in cantiere un direttivo unitario di Cgil, Cisl e Uil dove si confronteranno esponenti per il sì e il no: «Cercheremo di uscire da posizioni di pancia e di simpatia-antipatia per il governo e di entrare nel merito di un passaggio importante che riguarda la nostra Costituzione e la nostra autonomia», spiega Franco Ianeselli (Cgil).

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