Resistenza: l'Aquila di San Venceslao alle figlie di Manci

Commemorato in consiglio provinciale l'eroe trentino della Resistenza Giannantonio Manci, fondatore del Comitato di Liberazione e morto suicida dopo le torture subite dai nazisti



TRENTO. ''Riaffermare quei fondamenti di antifascismo sui quali poggia l'impianto costituzionale e democratico del nostro Paese e l'intero assetto dell'autonomia trentina'': così il presidente del Consiglio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti, ha motivato la cerimonia a Palazzo Trentini in onore di Giannantonio Manci, eroe della resistenza al nazifascismo nel nostro territorio.

Nel corso dell'evento, promosso insieme alla Fondazione Museo storico e all'Anpi (Associazione partigiani del Trentino), Dorigatti ha consegnato alle figlie di Manci, Giulia, Annamaria e Giovanna, l'Aquila di San Venceslao, il più alto riconoscimento e simbolo dell'autonomia, riprodotta in sole 99 copie. Dopo aver sottolineato come l'iniziativa si collochi non a caso in prossimità del 25 aprile, anniversario della resistenza, Dorigatti ha riassunto il percorso formativo, la militanza politica ''orientata in senso garibaldino e mazziniano'' e gli ultimi anni della vicenda di Manci, che nel settembre del 1943 diede vita al Comitato di liberazione nazionale di Trento, insieme a Ottolini, Pincheri, Disertori, Bacchi e de Unterrichter.

Durante l'occupazione nazista una ''vile delazione'' ne causò l'arresto e il 28 giugno 1944, in seguito alle torture subite durante gli interrogatori dei tedeschi, Manci morì gettandosi da un finestra del Comando della Gestapo a Bolzano.













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