Quota 100: in Trentino il doppio di pensionamenti 

Secondo le prime stime ci sarebbe un boom di lavoratori che andrebbero a riposo: In Provincia 150 in più, in Comune si passerebbe da 30 a 80


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Dopo tante chiacchiere, quota 100 si avvicina a diventare realtà. Tanti lavoratori vedono avvicinarsi quella pensione che con la legge Fornero era diventata una specie di miraggio, un supplizio di Tantalo.

Quota 100. Se il decreto approvato lunedì sera dal Consiglio dei ministri dovesse diventare realtà, la rincorsa finirebbe per molte persone. Infatti, potrebbero andare in pensione i lavoratori che hanno almeno 62 anni di età e 38 di contributi, la famosa quota 100, dove i 38 anni di contributi vengono considerati come il limite minimo, quindi, per capirci non si potrà andare a riposo con 63 anni di età e 37 di contributi. Si tratta comunque di un criterio molto favorevole per i lavoratori rispetto ai 67 anni previsti dalla legge Fornero.

Niente penalizzazione. Non ci saranno penalizzazione, ma si perderanno fino a 5 anni di contributi che, nel caso delle retribuzioni più alte, possono anche voler dire un taglio del 25% dell’assegno pensionistico. Un taglio che però non spaventa i molti che preferiscono avere tempo libero piuttosto che più soldi in conto corrente. E infatti, secondo tutti i calcoli ci sarà un aumento improvviso di pensionamenti già a partire da marzo 2019.

Fino a 660 mila uscite. Secondo le proiezioni di qualche tempo fa della società Tabula pubblicate sul Sole 24 Ore, i potenziali beneficiari potrebbero essere circa 660 mila in tutta Italia. In Trentino, quindi, in teoria i beneficiari potrebbero essere almeno 6600, visto che qui vive l’1% della popolazione italiana, ma il numero dovrebbe essere più alto in proporzione, visto che qui si inizia prima a versare contributi che nel resto d’Italia e che ci sono meno buchi contributivi. Questo se nel testo definitivo non ci saranno penalizzazioni per chi decide di andare a riposo prima dei 67 anni. Nel caso di finestre in uscita o penalizzazioni questa platea di potenziali beneficiari potrebbe restringersi, ma se i numeri dovessero restare questi, il costo per l’Inps si aggirerebbe sui 13 miliardi all’anno.

In Trentino uscite raddoppiate. Quando è stato approvato il decreto in Consiglio dei ministri, ma già da prima, in molti datori di lavoro, soprattutto pubblici, in Trentino hanno iniziato a fare i conti per vedere quanti dipendenti potranno andarsene. Secondo le stime del sindacato, sui 40 mila dipendenti del settore pubblico tra i il 7 e l’8% potranno andare in pensione già nei prossimi due anni, come spiega Beppe Pallanch della funzione pubblica della Cisl: «Noi abbiamo calcolato che almeno il 7 o 8% potranno andare in pensione, ma ci sono enti con punte anche maggiori. Ad esempio, nel 2019 con la Fornero potevano andare in pensione una trentina di dipendenti del Comune di Trento, con le nuove norme lo stesso Comune ha calcolato che saranno tra gli 80 e i 100, ovvero il triplo. Anche in Provincia ci sarà un grosso aumento. Ma noi calcoliamo che in tutto il settore pubblico saranno 4 mila in due anni e sarà necessario fare i concorsi per rimpiazzarli». Il responsabile del personale della Provincia Luca Comper dà i dati precisi per piazza Dante: «Su 4080 dipendenti, nei prossimi tre anni la platea dei potenziali pensionandi passa da 368 a 522 persone, con un aumento, con le nuove norme, di 154 unità».

Allarme per i medici. Ma la preoccupazione maggiore è soprattutto per la sanità e per le case di riposo. Come spiega il direttore generale dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon, c’è qualche timore per il numero dei medici che potrebbe andare in pensione: «Noi abbiamo tantissimi medici che sono nati tra il 1956 e il 1955 e che potrebbero andare in pensione. Su mille dirigenti medici sarebbero molti a poter andare». E non sarebbe certo una buona cosa visto che già così l’Azienda sanitaria è in forte sofferenza per mancanza di medici.

Conti a rischio. Ed è chiaro che un’emorragia di personale così all’improvviso provocherebbe anche uno sconquasso per i conti pubblici con migliaia di Tfr inattesi che dovranno essere pagati.













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