Quel silenzio di Moro che cambiò per sempre il Trentino

Cinquant’anni fa l’approvazione (per silenzio assenso) del Pup: con quella legge il territorio iniziò a prendere forma


di Mauro Lando


A Roma il Consiglio dei ministri tacque e il Piano urbanistico provinciale (Pup) entrò in vigore. Successe cinquanta anni fa nell’agosto – settembre 1967, tanto che la legge del Pup, pur essendo stata approvata il 10 agosto di quell’anno, ha come denominazione ufficiale: “LP 12 settembre 1967, n. 7”.

Il passaggio tra i due mesi, con due date di nascita della legge , va così spiegato: dopo l’approvazione in Consiglio provinciale il 10 agosto, seguirono i 15 giorni di attesa del parere del Governo e i successivi tempi burocratici necessari. Fu così che solo il 12 settembre il presidente del Consiglio provinciale Celestino Margonari fu in grado di promulgare la legge e provvedere alla pubblicazione sul Bollettino ufficiale.

Su cosa tacque il Governo?

Per rispondere è necessaria una premessa. Si era negli anni del primo Statuto di Autonomia per cui, una volta approvata, ogni legge provinciale o regionale doveva essere “vistata” dal Governo entro il termine di 15 giorni. Palazzo Chigi poteva approvare, rinviare al Consiglio per un riesame, oppure stare zitto con la prassi del silenzio - assenso.

Nel caso in questione il Partito repubblicano (Pri) di Trento, allora non rappresentato in Consiglio provinciale ma non per questo meno puntuto oppositore del Pup di cui lamentava un’impronta centralista, aveva inviato al Governo un’“osservazione” chiedendo la bocciatura della legge. Dal presidente del Consiglio Aldo Moro arrivò il silenzio - assenso e il Pup divenne legge provinciale, anzi la legge provinciale cardine dell’assetto urbanistico, sociale ed economico del territorio.

Va rilevato che in Consiglio l’approvazione del Pup avvenne all’unanimità dopo due giornate di discussione, eppure anche allora erano presenti agguerrite opposizioni (Pci, Pptt, Pli, Msi, Aca). Erano però tempi in cui da una parte si discuteva e dall’altra il ricatto degli emendamenti non era ancora di moda.

Il Piano urbanistico di mezzo secolo fa ha un “padre”, ossia Bruno Kessler allora presidente di una Giunta provinciale di centro sinistra formata da Dc, Psi e Psdi. La gestazione della norma non fu breve perché i primi studi si avviarono nel 1960, all’indomani dell’approvazione di una prima legge urbanistica. Kessler, come era suo costume, seppe avvalersi di importanti consulenti e progettisti, oltre a funzionari di vaglia. E’ opportuno ricordarne i nomi: professore (poi senatore e ministro) Nino Andreatta, professore Giuseppe Samonà, architetto Sergio Giovanazzi, architetto Sandro Boato, il segretario generale della Provincia dottor Silvio Pace, il capo dell'ufficio studi dottor Giampaolo Andreatta, il capo dell'ufficio legislativo avvocato Alfredo de Riccabona, il dottor Giambosco Janes segretario della Commissione urbanistica ed il dottor Giulio Menato. In più fu promossa una vasta consultazione territoriale con botta e risposta di osservazioni e proposte. Di rilievo fu anche la dialettica tra Provincia e Comune di Trento, impegnato quest’ultimo ad elaborare il proprio piano regolatore. Le scelte imposte dalla Provincia non sempre si rivelarono positive per il territorio del capoluogo.

A distanza di 50 anni il primo Pup ha dimostrato comunque di essere stato uno strumento fondamentale per il Trentino, per la società, per l’economia e per l’assetto autonomistico. A tal proposito è opportuno ricordare che fino ad allora l’Autonomia provinciale e regionale aveva regolato gli aspetti istituzionali, economici, culturali del Trentino. Fu con il Pup arrivò anche la regolamentazione del territorio con l’individuazione dei parchi, la creazione dei Comprensori, la fissazione delle aree per l’edilizia, per le attività industriali, artigianali e agricole. In più furono regolati i sistemi infrastrutturali come strade, trasporti, impianti funiviari. Emerse anche un’ipotesi a posteriori rivelatasi fantascientifica con l’individuazione, oltre che dell’aeroporto di Trento, anche degli “altiporti”, ossia piste di volo a Rovereto, Arco, Malè, Fondo, Predazzo. Si era nel periodo in cui il progresso sembrava a portata di mano, e gli aerei erano considerati al vertice del progresso.

E’ utile ricordare anche che negli anni Sessanta del Novecento nel Trentino era ancora aperta la piaga dell’emigrazione, della disoccupazione, dell’esodo dalle campagne, del reddito sotto la media nazionale. In sostanza c’era stagnazione economica e sociale. Il Pup, assieme all’idea di riforme e di progresso possibile, contribuì a ribaltare la situazione.

Va aggiunto che non mancarono le sbavature nell’applicazione del Piano urbanistico soprattutto per pressioni valligiane e per la perdurante asfissia dei Comprensori. Resta però il fatto che non vennero meno i criteri programmatori e una visione di insieme del territorio.

Infine va ricordato che il Pup ha avuto finora due aggiornamenti, oltre ad alcune varianti. Il primo aggiornamento arrivò nel 1987 dopo la tragedia di Stava (1985) con una pianificazione più legata alla tutela ambientale. Firmarono questo atto il presidente della Giunta Pierluigi Angeli e l’assessore al territorio Walter Micheli. Infine l’ultima formulazione porta la data del 2008 con presidente Lorenzo Dellai e assessore all’urbanistica Mauro Gilmozzi ed è improntata ad una sintesi tra territorio e sviluppo economico e sociale.













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