Quel campetto che divide Piedicastello

Usato da torme di ragazzi, anche a tarda notte, causa disturbo ai vicini ed è sempre occupato. Redolfi: «Servono regole»


di Luca Marognoli


TRENTO. Troppo bello e, soprattutto, “troppo gratis” quel campetto di erba sintetica, quasi da professionisti, ricavato ai piedi del Doss Trento. Troppo vicino al centro città e troppo utilizzabile da tutti, senza dover prenotare e senza limiti di orario. Il risultato non poteva essere che uno: troppi ragazzi, anche 50 in un campo da 5 più 5, troppe grida, troppe “sbalonade” rumorose, anche fino alle 2 di notte.

Ci è voluto poco perché il campetto di calcio di via Doss Trento diventasse il “campo della discordia”, con il quartiere di Piedicastello, soprattutto i residenti nei dintorni, che chiedono meno frastuono, più tranquillità e, magari, la possibilità di portare anche i propri bambini a tirare due calci al pallone senza trovare il piccolo impianto sportivo sempre, inesorabilmente, occupato.

Nei giorni scorsi uno stuolo di mamme, papà e bambini hanno “marciato” sul campetto come per riconquistarlo simbolicamente ad un uso più civile e meno esclusivo. É stato coinvolto anche Melchiore Redolfi, presidente della Circoscrizione Centro storico – Piedicastello, che spiega: «Cosa succede? Rumore e casino fino alle 2 di notte. Le luci le abbiamo fatte spegnere alle 22, sennò restavano accese fino all'una. Ci sono ragazzi dappertutto e anche qualche nomade non troppo rispettoso della cosa pubblica: lasciano sporco e rompono pezzi di rete... L’impianto va semplicemente gestito: non serve chiedere soldi, basta che i vigili aprano alle 7 e chiudano alle 22. Vedremo poi se prevedere una turnazione».

Domenica pomeriggio, ore 16. Nel campetto si gioca alacremente: squadra decisamente multietnica, con una maggioranza di stranieri (come in molti club di serie A). Una decina i ragazzi in azione, quattro o cinque a bordo campo, pronti ad entrare. Sugli “spalti” (una piccola gradinata) un bambino di 10 anni, nell’area giochi una decina di ragazzine adolescenti che cantano. Tutto molto “normale”: il comportamento degli “utenti” sembra irreprensibile. Ma non sempre è così. Un uomo sui 40 esce in bici da uno dei palazzi aldilà della strada: «Abito qui da sempre: prima c'era un prato, poi il Comune l'ha espropriato per farci il parco, un paio d'anni fa. Ci sembrò una buona notizia: un modo per valorizzare la zona. Purtroppo però, senza fare catastrofismi, in poco tempo il campetto si è popolato all'inverosimile. Ho visto giocarci dentro anche 50 persone e fino a notte inoltrata. Con qualche adulto di troppo...».

Arriva un'auto, si ferma pochi secondi poi riparte con una sgommata bruciante. «Vede cosa succede: a volte arrivano delle bande con la radio a tutto volume. Io sono per la tolleranza e l'integrazione, ma qui gridano invece che giocare. L'officina Trapasso è stata costretta a chiudere il piazzale con una catena, perché era sempre invaso da altri mezzi». Ce n’è anche per gli urbanisti: «Credo che questa sia l’unica via di Trento senza uno spazio per parcheggiare. Chi ha fatto il progetto non ha pensato neppure a una rastrelliera per le bici...».

La conclusione è la stessa di Redolfi: «Il campo ormai c’è e allora deve essere gestito come si deve. Va regolamentato e aperto anche ai bambini. Non dico di metterci un custode, ma un referente che apra e chiuda la porta sì. Ci aspettiamo un intervento».

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