Quanto costa dire «str...»? Per il giudice 150 euro

Un nonno in auto aveva insultato un netturbino che bloccava la strada durante la raccolta dell’immondizia: dopo due anni di udienze, il risarcimento



TRENTO. Quanto costa apostrofare con uno «str...» una persona per strada? Se qualcuno si è mai posto questa domanda - che occupa giusto il tempo mentale necessario per resistere all’impulso - adesso può avere la sua risposta. Lo ha deciso il giudice di pace di Trento (allontanandosi di poco da quanto deciso dalla corte di Cassazione) stabilendo che un’ingiuria di questo tipo vale 150 euro. Ma bisogna stare attenti agli insulti. In una delle udienze precedenti, sempre davanti al giudice di pace, una donna che era stata apostrofata come una professionista del marciapiede dedita a particolari «lavoretti» era stata risarcita con 400 euro.

Ma veniamo al caso in questione. Tutto ha inizio nel 2007 in una stretta stradina di un sobborgo di Trento. I protagonisti sono un nonno che doveva correre per andare a prendere la nipotina a scuola e un addetto alla raccolta dell’immondizia che stava lavorando. Il problema? La strada stretta che non permette all’automobile di superare il mezzo al lavoro. I minuti si sommano ai minuti e per il nonno il ritardo sembra sempre più inevitabile. Chiede strada con il clacson ma gli viene risposto - pare in malo modo in base a come è stata ricostruita la vicenda - che non si poteva fare. La tensione sale fino a quando non si arriva al fatidico «str...». Arrivano i vigili urbani che cercano di sistemare la situazione e il nonno può finalmente ingranare la marcia è dirigersi verso la scuola. Tutto finito? Assolutamente no. Il nonno scrive anche una lettera al datore di lavoro del netturbino sottolineando come quest’ultimo si sia comportato in modo poco educato e riconosce di averlo ingiuriato con l’insulto di cui sopra. La vicenda però finisce davanti al giudice di pace perché è l’addetto alla raccolta delle immondizie che presenta querela contro il nonno. Lo accusa di ingiuria (reato che prevede che con le parole venga offeso il decoro o l’onore di una persona presente e che si differenzia dalla diffamazione che invece prevede l’offesa della reputazione in assenza della persona). Le udienze iniziano nel maggio del 2011 e fra rinvii si arriva alla quinta udienza (quella della scorsa settimana) che diventa finalmente quella definitiva.

Il giudice - Andreina Deretta Zanfei - chiede se ci sia modo di conciliare e quindi quanto l’imputato sia disposto ad offrire come segno di risarcimento. L’«offerta» è di 150 euro, offerta che viene ritenuta congrua sia dalla pubblica accusa che dal giudice. E sia arriva al proscioglimento visto il risarcimento. Il nonno ha quindi messo mano al portafoglio e i soldi sono finiti in quello del netturbino mettendo la parola fine in fondo a questa vicenda.

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