SALUTE

Psichiatria: con la chiusura di Arco cresce l’allarme per i pazienti trentini

La «riorganizzazione» di Segnana salva solo Trento e Borgo, e crea il «24 ore». Zanella (Futura): «Sono già pieni adesso» 


Gigi Zoppello


TRENTO. Presentata ai primi di febbraio, la «riorganizzazione dei servizi di psichiatria in Trentino», illustrata dall’assessora alla salute Stefania Segnana, agita tutti: dal personale, alle famiglie dei pazienti. Con due versanti: quello dei minorenni (affidata a Neuropsichiatria) e quello degli adulti.

In particolare, per il Trentino, è la ventilata chiusura (da settembre) del centro di salute mentale di Arco ad allarmare. Se ne sono occupate - lanciando l’allarme - le associazioni Aris (Associazione familiari di malati psichici) e Cittadinanza Attiva.

Il documento dell’Aris è durissimo: «La ventilata chiusura del reparto psichiatrico dell’Ospedale di Arco (SPDC) sta facendo discutere ma ci pare non vi sia chiara consapevolezza delle gravi conseguenze che questa scelta improvvida comporterebbe.

Un reparto psichiatrico ospedaliero è essenziale per la gestione di episodi psichiatrici acuti, non tanto – come si legge erroneamente – in un’ottica di “contenimento”, quanto piuttosto perché il paziente sia seguito in una fase molto delicata della sua vita, per impostare un nuovo piano terapeutico che necessita di un’attenta valutazione psichiatrica e di accertamenti diagnostico-strumentali che soltanto un ambiente ospedaliero può garantire».

L’Associazione dei parenti spiega che «Le degenze in SPDC sono brevi (in genere il ricovero non supera i 15 giorni) ma la durata deve essere sufficiente ad inquadrare la situazione del paziente e a valutarne la risposta terapeutica. Lascia quindi sconcertati che si pensi di “riconvertire” il reparto psichiatrico in un Centro “24 ore”. Come è possibile una scelta talmente irresponsabile? L’unica risposta convincente (ed autorevole) che abbiamo letto è stata data da Giancarlo Giupponi, presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria: “Tenere i pazienti fuori dagli ospedali è un approccio da anni ‘70”. Quasi che chiudere i reparti ospedalieri fosse la magica soluzione per cancellare la malattia! In realtà, come ha osservato il dott. Giupponi, è soltanto un modo per favorire la cronicizzazione e spingere sempre più persone disperate a rivolgersi ai privati. Senza contare le gravissime (e immaginabili) conseguenze in caso di crisi psichiatrica acuta!»

Va detto - spiega Aris - che «Una politica inconsapevole, è ben felice di chiudere reparti ospedalieri per ridurre i costi della sanità, con l’avallo di “esperti” ormai fuori dal tempo. Ai nostri pubblici amministratori diciamo con forza: chiudere il reparto psichiatrico è il modo peggiore per far fronte alla carenza di medici ed infermieri!»

Ne parla anche l’associazione «Insieme» di Rovereto, che da 25 anni raggruppa genitori di ragazzi disabili della Vallagarina. Durante l’assemblea annuale, stato sollevato il caso: il centro di salute mentale di Arco verrà chiuso.

«L'assemblea s'è soffermata sui rischi conseguenti alla chiusura del reparto di psichiatria presso l'ospedale di Arco. Anche l'associazione Insieme è preoccupata: i nostri figli, dal compimento del 18° anno, vengono lasciati dal servizio di Neuropsichiatria Infantile e restano in carico al medico di base, con riferimento a Psichiatria nel momento in cui sussistano problemi specifici. L'esistenza di un reparto presso l'ospedale assicura una presa in carico completa nel momento in cui insorgessero delle urgenze sanitarie, ciò che il prospettato “Centro 24 ore” non può certamente garantire».

L’assemblea ha dato mandato ail Direttivo a pronunciarsi pubblicamente per la contrarietà ad un progetto «che sembra rispondere più ad esigenze di bilancio che ad effettiva razionalizzazione del servizio. Auspica pertanto che ci sia un ripensamento».

Del disagio e dei timori parla anche l’interrogazione del consigliere provinciale Paolo Zanella (Futura), molto dettagliata nella premessa.

«L'uomo che l'altro giorno è stato placato dalle forze dell'ordine era stato giudicato qualche giorno prima dal Tribunale bisognoso di ricovero in struttura psichiatrica - si presuppone la REMS - che come accade da ormai da un po' di tempo era piena, così come sempre più spesso accade anche ai posti ospedalieri in SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura). Questo è uno dei tanti casi di persone con scompensi psichici acuti che necessiterebbero di cure adeguate in ambiente ospedaliero» dice Zanella.

«Che a fronte dell'aumento di disturbi psichiatrici, anche gravi, si voglia chiudere la SPDC di Arco è incomprensibile. Perché a fronte di gravi stati di disturbo mentale, non altrimenti affrontabili, serve anche il ricovero in ospedale».

Ora - commenta il consigliere - «vien da chiedersi se le risposte ai pazienti che necessitano oggi di ricovero acuto possano trovare risposta nel Centro Salute Mentale (CSM) 24ore, che dovrebbe sostituire la SPDC di Arco. Immagino di no, visto che SPDC e CSM 24ore sono strutture ad intensità di cura differenti e non interscambiabili, con criteri di accesso diversi. Molti dei pazienti del sud del Trentino che necessiteranno di ricovero in SPDC dovranno trovare quindi posto a Trento e Borgo, dove già oggi è tutto pieno. Ecco perché non pare sia questa la strada da percorrere».

A questo - dice Zanella - « si aggiunge la questione della futura Unità di crisi per adolescenti che necessiterebbe della presenza contemporanea di psichiatri e neuropsichiatri infantili, visto che l'utenza andrà dai 14 ai 22 anni, e che servono quindi competenze diverse. Ma entrambe le figure sono carenti...»













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