Precari, una pensione da 120 euro al mese

Silvestrin della Cgil: «I lavoratori parasubordinati in Trentino sono 17 mila Ricevono assegni da fame e sono pure esclusi da Laborfonds e Sanifonds»


di Luca Marognoli


TRENTO. Centoventi euro al mese: a tanto ammonta, stando ai dati della gestione separata Inps, la pensione media di un lavoratore “parasubordinato”, in altre parole precario. Un piccolo esercito di lavoratori di serie B, che conta 16-17 mila unità solo in Trentino (su 220 mila totali), spiega Gabriele Silvestrin, segretario del Nidil, il sindacato dei lavoratori atipici appartenente alla Cgil. Stiamo parlando di cococo, lavoratori intermittenti, a partita Iva, collaboratori occasionali, mini cococo (con collaborazioni che stanno al di sotto dei 5 mila euro per committente nell'anno solare) e lavoratori in somministrazione (assunti dalle agenzie di lavoro internale che li “somministrano” alle aziende utilizzatrici). «Se pensiamo che il corrispettivo medio di un parasubordinato - continua Silvestrin - si aggira tra i 600 e i 900 euro lordi al mese, si capisce che non riusciranno a coprire tutti i periodi contributivi. Per cui avranno buchi di versamenti spaventosi e si ritroveranno a fine carriera con delle pensioni da fame». È il cane che si morde la coda...

Per il sindacalista la politica dovrebbe affrontare la questione con decisione e non fingere di non vedere che il re è nudo. «Una volta, durante un convegno, lo dissi all'allora governatore Dellai: “Vi rendete conto che siamo sopra una bomba a tempo?” C'è anche una legge regionale che parla di pensioni per i parasubordinati ma è rimasta lettera morta».

E alle pensioni da fame si aggiunge un paradosso: «I precari, tramite la gestione separata, stanno contribuendo alla pensione di chi è più garantito, dipendenti pubblici o privati a tempo indeterminato. Versano un obolo agli altri ma la pensione loro non la vedranno mai». Non solo: «Ovviamente questi lavoratori non avranno soldi per una pensione integrativa. Fra le altre cose, sono anche al di fuori dalla possibilità di aderire a Laborfonds, che sicuramente li agevolerebbe nella costruzione di una pensione integrativa. Quello è riservato ai dipendenti: l'ennesima fregatura. Stessa cosa per Sanifonds: si sognano una sanità aggiuntiva...».

Per Silvestrin, «i parasubordinati stanno raggiungendo il 50-60% del mercato del lavoro, se consideriamo tutti professionisti non per scelta ma per bisogno delle partite Iva». C'è poi «l'esplosione dei voucheristi, altro fenomeno pazzesco: nel 2008 hanno emesso circa 500 mila voucher, nel 2015 siamo arrivati a 120 milioni. La Cgil ha deciso di fare un referendum per abolirli, perché sono la nuova forma di lavoro poverissimo. Moltissimi giovani li usano e hanno contributi previdenziali del 13,5% che andranno persi perché non arriveranno ad un montante valido a fini pensionistici: possono prendere al massimo 7 mila euro in un anno e in media siamo sui 2-3000… Anche per loro il futuro pensionistico sarà penoso».

«Abbiamo una società che si sta dimenticando di una massa di persone che la pensione minima sociale se la sogneranno, quindi noi dovremo integrare per loro», continua il segretario del Nidil. «Una mancanza di consapevolezza che è più che altro ipocrisia. Boeri parla di contributo di solidarietà del 10% a carico di chi ha pensioni molto alte. Il fatto è che l’integrazione andrebbe a favore solo delle pensioni minime. Lo stesso vale per Renzi, che ha tirato fuori dal cilindro la proposta di dare 80 euro alle pensioni minime: un'elemosina, ma nulla viene detto per i parasubordinati».

Silenzio anche su altre forme di aiuto. «Biagi pensava a dei sostentamenti per questi buchi lavorativi, ma ora nessuno pensa più al reddito minimo e di garanzia o a un sostegno per affitto e bollette come in Germania. Così la gente sta dentro casa e non consuma. Ma in questo modo si precarizza l'intera società... Un paio d'anni fa l'ex presidente dell'Inps Mastropasqua ha avuto il coraggio di dire: se i giovani parasubordinati sapessero quanto percepiranno scoppierebbe la rivoluzione. Ed è vero».

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