Postal: Costituzione, ecco perché voto sì alla riforma

L’ex senatore: «L’Italia non può permettersi di fermarsi ora. E l’autonomia sarà più garantita». Terzo Statuto? «Non sia la macchina del fare, si parta dai principi»


di Chiara Bert


TRENTO. Al referendum costituzionale voterà «convintamente sì», «facendo prevalere le ragioni della politica su quelle di merito»: «Se la riforma venisse bocciata, si interromperebbe un processo riformatore controverso ma che è stato messo in moto». Parla Giorgio Postal, parlamentare Dc per sei legislature, la prima nel 1972, prima alla Camera poi al Senato, uno dei grandi vecchi della politica trentina.

Senatore Postal, dunque mentre in tanti esprimono dubbi, anche nel Pd che ha proposto questa riforma, lei non ne ha?

Io dico che voterò sì e lo farò in base a due ordini di considerazioni. La prima riguarda il piano nazionale, e qui per me le ragioni della politica prevalgono su quelle di merito.

Curioso, lo dice quando lo stesso premier Renzi ora invita invece a stare sul merito...

Probabilmente su alcuni aspetti di questa riforma si potrebbero avanzare più di una perplessità, perfino contrarietà, penso alla spinta centralista che sicuramente c’è. Ma nel contesto attuale dell’Italia è bene che vinca il sì. Se così non fosse, se la riforma costituzionale non passasse, si interromperebbe un processo riformatore certamente difficile, controverso, ma che si è avviato.

Poi c’è il piano locale, e qui si discute se, e quanto, la riforma Boschi tuteli l’autonomia. Qual è il suo giudizio?

Condivido pienamente le considerazioni fatte l’altro giorno sul vostro giornale dal senatore Francesco Palermo. La formula dell’«Intesa» tra Stato e Province autonome ha un valore importante, se la riforma viene approvata l’intesa entra in Costituzione: questa non è una cosa da poco, è una forma di garanzia che probabilmente in questo momento è il massimo che si poteva ottenere. Dobbiamo essere chiari: una tutela definitiva non ci sarà mai, la difesa dell’autonomia sarà sempre oggetto di battaglia.

Trento e Bolzano sono alle prese con un tentativo di riforma dello Statuto. Sono passati 55 anni dalla Commissione dei 19 che lavorò al «pacchetto» base del Secondo Statuto, e oggi si lavora su binari separati. Che aspettative ha?

Considero questa una fase di riflessione importante. Peccato che Trento e Bolzano si siano incardinate su binari diversi ma questo deve far riflettere i trentini.

Su cosa?

Sul fatto che a Bolzano non solo dentro la Svp, ma anche in ambito italiano, il rapporto con Trento è considerato superfluo per il mantenimento dell’autonomia, e superflua la Regione.

E dunque?

Dunque la Regione così com’è non ha nessun motivo di sopravvivere. Il termine «Regione», oggetto di scontro dal ’48 in poi, va tolto di mezzo. Quello che deve sopravvivere è uno spazio regionale istituzionalmente strutturato: basta giunta regionale, basta uffici regionali. I due consigli provinciali diano vita a un’unione regionale, un coordinamento su materie di comune interesse. Mi pare essenziale sia per Trento che per Bolzano, la dimensione regionale è essenziale per ragioni storiche (abbiamo una storia comune), politiche (insieme contiamo di più a Roma e in Europa) e operative (ambiti come mobilità, infrastrutture, sanità, ricerca, sono di comune interesse per le due Province).

Vede oggi le condizioni per questo percorso?

Bisogna provarci. In questa legislatura non ci sono i tempi tecnici per approvare nulla, lavoriamo con serietà senza fasciarci la testa. A legge vigente è il consiglio regionale che formula la proposta di Statuto al parlamento. Quello che personalmente mi auguro è che il Terzo Statuto non sia una “macchina del fare”, una corsa a nuove deleghe per le due Province, ma che ci si concentri sui principi.

Quali?

Ne cito alcuni. L’autonomia appartiene al popolo, l’autonomia dev’essere capace di generare autonomia e di difendere il territorio, la solidarietà, la connessione con i trattati internazionali, lo sviluppo culturale ed economico. La Consulta, così come la Convenzione, ha previsto un percorso partecipato: sfruttiamolo, vediamo di allargare al massimo la partecipazione e cogliamo l’occasione per discutere dei valori fondanti della nostra specialità.

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