«Più siamo meglio è ma il turnover è alto»

Gli avventurieri hanno vita breve. Tanti dubbi sugli stranieri


di Luca Marognoli


TRENTO. L’aumento di cento ristoranti in due anni è un segnale di vitalità del settore, ma il dato è “inquinato” dal gran numero di avventurieri che si improvvisano gestori e l’alto turnover ne è una conseguenza. È il parere degli addetti ai lavori cittadini, dopo la pubblicazione dei dati elaborati dal Centro studi e ricerche della Camera di commercio, in base ai quali dal 2012 al 2014 le attività del ramo sono cresciute di 28 unità nel comune (il totale è 281) e di 101 (arrivando a quota 1.477) in Trentino. Un fenomeno in gran parte condizonato dagli imprenditori stranieri - il 75% dell’aumento è attribuibile a loro - ma che è comunque significativo, in un panorama economico caratterizzato dal segno meno da un decennio.

«Che ci fosse un turnover incredibile lo sapevamo. Uno studio appena reso pubblico afferma che di 5 mila attività aperte dopo 2 anni ne “sopravvive” solo un quarto», dice Massimiliano Peterlana di Fiepet, titolare dell’Osteria A Le Due Spade. «La richiesta è effettivamente alta: molti si buttano in questo settore, pur non essendone parte, perché lo ritengono uno sbocco imprenditoriale. Ma nel lungo termine non tengono». Il segnale - continua Peterlana - va interpretato «ma è comunque positivo, perché significa che il settore è vitale e in grado di rispondere alle esigenze del turista».

Franco Scrivano, del ristorane pizzeria Al 77, deve ringraziare i turisti: «Noi lavoriamo solo con loro e con gente di passaggio. In centro non c’è parcheggio e le famiglie non arrivano. La crisi? C’è ma si limita al -10-20%. Per stare sul mercato teniamo i prezzi bassi: la pizza la mangi con otto euro». È il tema stranieri a far discutere: «Stanno aperti un anno o due, poi cambiano gestione e ciao... A Trento nord sono appena arrivati due nuovi cinesi. Non so davvero come facciano: mi piacerebbe fargli i conti in tasca».

Chi ha aperto da poco è Marcella Soliani, del ristorante Fiorentina. «Stiamo patendo la crisi ora, rispetto al periodo dei mercatini. Però sono convinta che io e mio marito abbiamo fatto la scelta giusta: aspettiamo che arrivino stagioni più miti per mettere fuori i tavolini». L’idea iniziale era di rinnovare il bar: «L’ispettore sanitario ci ha detto che avevamo i requisiti per aprire un ristorante e ci siamo buttati».

Ammette i benefici dell’effetto Muse Elio Tonetta del ristorante Al Tino: «Porta tanta gente e anche la mancanza di neve ci ha fatto lavorare di più». Dubbi anche da parte sua sugli stranieri: «Non so come facciano ad andare avanti: ogni sei mesi cambiano il personale... Mi chiedo se paghino le spese e le tasse».

Inaugurata solo un anno e mezzo fa la Steak House di piazzetta Anfiteatro. «Noi lavoriamo molto con i giovani», dicono Michele Telegrafo e il cognato Luigi Bruni, cotitolari. «Sì, gli studenti consumano anche in tempi di crisi e noi li attiriamo con offferte come il Giroburger a 6 euro. Però la fatica c’è: dopo di noi hanno aperto sei cinesi. I nuovi arrivati? Bisogna vedere quanto durano. Le spese sono troppo alte e le devi pagare anche quando la gente non viene».

Una tradizione di 57 anni ha invece l’osteria Al Mercato di piazza Garzetti. «Sono tanti i locali che aprono e chiudono poco dopo», riflette Dino Baldessari, titolare con il papà Bruno. «Qui attorno ho visto ristoranti cambiare gestione anche cinque volte: mi chiedo perché diano tutte queste licenze. Poi c’è il problema dei bar che si improvvisano ristoranti, facendoci concorrenza. È una giungla e le associazioni di categoria lasciano fare... Noi? Lavoriamo sempre perché siamo a casa nostra e abbiamo una lunga storia».

Più ottimista Maurizio Menta del ristorante Uva e Menta. «Oggi c’è più gente che prova a investire nel settore e programmi tv come Masterchef hanno influito molto. Però abbiamo assistito a tante chiusure e riaperture, anche di locali storici». Una cosa è certa, dice il giovane ristoratore: La gente non rinuncia ad andare a mangiare fuori, perché lo considera un’occasione di incontro e condivisione importante: per questo il nostro lavoro sta anche nel creare un bell’ambiente e offrire un’esperienza che si ricordi nel tempo. Gli stranieri? È bello poter scegliere tra cinese, giapponese, indiano e vegano».













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