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Perde casa e lavoro per curare il fratello: ora dorme all’aperto

Viveva in un appartamento Itea intestato al parente adesso per campare deve ricorrere all’aiuto degli amici


di Daniele Peretti


TRENTO. Vive da tre mesi in un giaciglio che si è costruito lungo il Fersina. Ha scelto un boschetto non troppo isolato Roberto. dove ha messo un materasso, una sedia e poche altre cose e dorme li. 48 anni polverizzati in pochi mesi, le proprie cose sparse nelle cantine degli amici e tutta la vita finisce in una tracolla che contiene i documenti che provano le sue vicissitudine umane.

La sua è una storia di mala burocrazia, figlia di quei contratti di lavoro che tutto permettono, ma nulla garantiscono e figli del fatto che a Trento non esista un paracadute per casi di emergenza. Come nel caso di Roberto che fino a poco tempo fa aveva un suo appartamento ed un lavoro, ma quando il fratello si ammala decide di trasferirsi a casa sua per assisterlo e si licenzia.

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L'appartamento era dell'Itea, ma era in un certo senso quello di famiglia che dai genitori era passato al fratello e che sarebbe spettato anche a lui. Purtroppo il cancro si porta via il fratello “solo” un anno e otto mesi dopo che Roberto aveva preso la residenza, senza aspettare i due anni e due mesi che il regolamento Itea prevede per il passaggio di assegnazione all'interno dello stesso nucleo familiare.

Sfrattato, Roberto affitta un appartamento privato e trova un lavoro come gestore di sale di slot machine: «Il primo impiego fu alla Perla in viale Verona che poi ha chiuso. In un'altra sala giochi a Trento sud mi proposero un contratto a percentuale sull'incasso della sala, con la garanzia che se nei primi mesi non si fossero raggiunti almeno i 700 euro, mi avrebbero comunque integrato la busta paga. Dopo aver lavorato anche dodici ore al giorno, il primo stipendio arriva dopo due mesi: 160 euro e la promessa dell'integrazione? Dimenticata.”

A quel punto Roberto è costretto a licenziarsi, lascia l'appartamento e le sue condizioni di salute peggiorano. Pesa infatti 188 chili, indossa una 6XL taglia reperibile praticamente solo su internet ed è affetto da diabete mellito, ipertensione arteriosa, obesità grave e lieve dislipidemia. Ma anche in queste condizioni non ha diritto a nulla. Secondo l'assistente sociale, potrebbe andare per un periodo a termine all'Opera Bonomelli: «Non ci vado, non sono un barbone. A parte che non ho nemmeno i soldi per l'autobus, alla 7 della mattina mi mettono in strada e fino a sera dove vado?».

Per fortuna che scatta una spontanea rete di solidarietà sociale. Tutte le settimane Roberto riceve il pacco alimentare che CasaPound distribuisce agli italiani in difficoltà. Una coppia di amici gli dà da mangiare e la possibilità di una doccia, ma altro non possono fare perché vivono in un alloggio pubblico e se gli dessero ospitalità fissa, verrebbero sfrattati.

«L'altra notte c'erano troppe zanzare e sono scappato , sono andato a dormire nel porticato della chiesetta di San Bartolameo. Mentre camminavo mi è venuto da piangere, ma non si deve perché se ci si lascia andare, è solo peggio». Ride Roberto dimostrando una serenità che spesso non si vede in persone che hanno una vita normale.

Ma se nulla cambia, questo inverno come farà? «Speriamo che cambi e se non sarà così, mi metterò vestiti più pesanti e mi abituerò a dormire al freddo, come ho fatto col caldo. Ma non è giusto. Non ho fatto nulla di male, ma adesso si pensa solo ai profughi dimenticandosi di tutti gli altri che avrebbero bisogno di aiuto».













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