LA SENTENZA

Pensioni, 60 mila trentini ora sperano

Sono i titolari di redditi oltre i 1.400 euro che dovrebbero essere rimborsati dopo l’annullamento della riforma Fornero


di Andrea Selva


TRENTO. Sono circa 60 mila i pensionati trentini che beneficeranno dell’annullamento - da parte della Consulta - del blocco delle pensioni stabilito dalla riforma Fornero. Secondo i giudici costituzionali non era legittimo penalizzare, come fece il governo Monti, le pensioni superiori a tre volte il minimo, cioè attorno ai 1.400 euro lordi al mese (1.200 euro netti), congelando la rivalutazione nel 2012 e nel 2013, con effetti anche per gli anni a venire. All’epoca il ministro Fornero pianse e certamente non ride il governo Renzi visto che la sentenza - depositata la settimana scorsa - provocherà pesantissime ripercussioni sui conti statali, con un ammanco che in un primo momento era stato quantificato dall’avvocatura dello Stato in circa 5 miliardi di euro, ma con una stima al rialzo, di 10 miliardi di euro, effettuata nel fine settimana dai tecnici dell’esecutivo.

I 60 mila pensionati trentini non dovranno presentare domande o (tantomeno) ricorsi per ottenere il rimborso di quanto sarebbe spettato loro negli anni 2012 e 2013 e poi nei periodi successivi (per effetto della rivalutazione della pensione) sulla base dell’aumento del costo della vita. Il direttore provinciale dell’Inps, Marco Zanotelli, spiega infatti che già oggi gli uffici dell’istituto di previdenza faranno il punto della situazione e - in base alla linea stabilita a livello nazionale - i rimborsi avverranno automaticamente, senza la necessità per i diretti interessati di attivarsi in qualche modo. Ma è chiaro che il governo dovrà trovare un modo per ammortizzare il colpo, con una nuova manovra (naturalmente con criteri diversi da quelli contestati dalla Corte Costituzionale) o almeno con una rateizzazione dei rimborsi che spettano ai pensionati.

I 60 mila pensionati trentini interessati, titolari di una pensione superiore ai 1.400 euro lordi mensili, rappresentano il 40 per cento circa dei 141 mila pensionati trentini che percepiscono - ogni anno - un reddito totale di 2 miliardi e 400 milioni di euro all’anno. Si tratta del 15 per cento del prodotto interno loro provinciale.

«L’abbiamo sempre detto e ora lo vogliamo ribadire: non era giusto - come hanno rilevato i giudici della Corte Costituzionale - penalizzare pensionati che percepiscono 1.200 euro netti al mese, considerandoli titolari di redditi elevati. Non era giusto nemmeno dal punto di vista economico, visto che in questo modo, invece di concentrarsi nella lotta all’evasione fiscale, si è cercata una scorciatoia impoverendo una classe di cittadini con ripercussioni sui consumi e quindi sul rilancio dell’economia». Ecco la reazione di Enzo Gasperini, segretario provinciale del sindacato pensionati della Cgil, alla notizia dell’annullamento della riforma Fornero: «Il blocco delle pensioni era stato un errore che non deve essere ripetuto».

«Qui non stiamo parlando di benestanti, ma di dipendenti pubblici, impiegati con buone retribuzioni - continua Gasperini - operai specializzati che sono andati in pensione nei primi anni Duemila, al massimo dell’anzianità. Parliamo di persone che hanno versato i contributi per tutta la vita e alla fine si sono trovati penalizzati pesantemente rispetto a quanto versato».

Secondo il sindacato pensionati la soglia di tre volte la pensiona minima (individuata dal governo Monti) non era sufficiente: «Bisogna ragionare su pensioni di 5 o 6 volte superiori al minimo» dice Gasperini che ricorda la lotta all’evasione e la patrimoniale come le priorità che erano state indicate al governo per rimettere a posto i conti evitando di scegliere la “via facile” che è sempre quella - sostiene - di colpire i pensionati.

Ma quanti soldi possono sperare di ottenere - dopo l’annullamento della riforma Fornero - i pensionati trentini con pensioni superiori ai 1.400 euro lordi mensili? Secondo un calcolo approssimativo per un’ipotetica pensione di 1.500 euro lordi all’anno, il blocco della rivalutazione è costato 1.200 euro nel biennio 2012-2013 e quindi circa 600 euro all’anno













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