Pd nel caos, arriverà il commissario

Nel voto segreto silurato Barbacovi. Robol: «Mossa studiata da resa dei conti». Filippi: «Suicidio politico dell’assemblea»


di Chiara Bert


TRENTO. Vertici azzerati e partito nel caos. Dopo le dimissioni due settimane fa della segretaria Giulia Robol, lunedì sera sono arrivate quelle della presidente Lucia Fronza Crepaz. Prima che l’assemblea del Pd silurasse Sergio Barbacovi come segretario-traghettatore per portare il partito al congresso.

L’ex sindaco di Taio, proposto da Elisa Filippi come figura fuori dalle beghe interne e in rappresentanza dei territori, non è passato. Nel segreto del voto (chiesto da Rudi Chistè, eletto per la mozione Robol) si è ripetuto, in piccolo, il tradimento dei 101 che affossarono Romano Prodi. Dopo una discussione senza voci apertamente contrarie, e al termine di una giornata in cui era sembrato che la pur fragile intesa reggesse, alla fine il colpo di scena in un assemblea che si è chiusa in un clima da resa dei conti, proseguita ieri a distanza sui social network. Barbacovi ha raccolto 37 voti, sei meno della maggioranza necessaria dei due terzi. Cinque le schede bianche, due nulle.

A questo punto si aprono le porte del commissariamento da parte del Pd nazionale. Per Lucia Fronza Crepaz un esito che può ancora essere scongiurato, ma non per la gran parte di quel che resta del gruppo dirigente, da Robol a Filippi passando per il capogruppo provinciale Alessio Manica.

Giulia Robol confessa: «Questo partito non lo capisco più. Sono incredula perché dopo tante riunioni l’accordo c’era. Avevamo fatto uno sforzo, si era trovata una persona che per il suo profilo era adatta a preparare il congresso. In assemblea nessuno ha fatto obiezioni, qualcuno ha chiesto che si indicasse una data del congresso ma c’era già un deliberato dell’assemblea che aveva indicato la scadenza di fine anno». «È stata una farsa, una presa in giro - si sfoga l’ex segretaria - evidentemente la mossa è stata studiata e concordata, la proposta Filippi per qualcuno non doveva passare». E questo qualcuno per Robol ha nomi e cognomi: «C’è un gruppetto eletto con la mia mozione ma che non si riconosce più nella mia componente (tra cui Chistè, Manica, Rachele Lorandi, Davide Moz, ndr) e una parte degli eletti con Scalfi». Secondo Robol «oggi non ci sono le condizioni per un congresso normale con un minimo comun denominatore, sarebbe una resa dei conti tra le mille incompatibilità di assessori e consiglieri provinciali per la segreteria». «Inoltre - osserva - sono saltati tutti gli organi (a parte la consigliera anziana Paola Dorigotti e il tesoriere, ndr)».

Altrettanto dura l’analisi della renziana Elisa Filippi: «Quello che è successo è molto grave e avrà delle conseguenze. È stato un suicidio politico dell’assemblea, che si è rivelata incapace di trovare una soluzione di fronte all’emergenza. Se c’era qualcosa che non andava nella proposta, andava detto apertamente. Invece si è chiesto il voto segreto dopo due ore di dibattito senza obiezioni su Barbacovi, una figura non divisiva che in un momento difficile aveva dato la sua disponibilità. Un altro caso Prodi». «Trovo fuori dalla realtà - attacca Filippi - che in questo momento la prima preoccupazione di qualcuno sia la data del congresso, a cui si sarebbe arrivati nel giro di pochi mesi come indicato dalla stessa assemblea». Per Filippi «è evidente che a questo punto serve un commissario, non si può riconvocare l’assemblea entro 15 giorni e comunque non ci sarebbe nessuna disponibilità». Nell’attesa che - in un partito senza più vertici - qualcuno prenda l’iniziativa di chiedere a Roma il commissariamento, o sia il nazionale stesso a deciderlo (con il senatore Giorgio Tonini, renziano, in predicato per l’incarico), interviene anche il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi: «Non è più il partito in cui credo, è venuto il momento di cambiare se non vogliamo lasciare il Trentino nelle mani delle forze conservatrici. Bisogna costruire qualche cosa di più e di diverso rispetto ad un partito ostaggio di divisioni, perenni gelosie e di una connaturata ostilità alla leadership. Un partito che si apre alla collaborazione con le altre forze popolari e riformiste dell’esperienza originaria del centrosinistra trentino». Avanti «senza aspettare chi non c’è», avverte Olivi, «solo così non consegneremo la Provincia all’egemonia del Patt».

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