Pd, effetto-batosta Borgonovo Re offre le sue dimissioni

La presidente: «I dirigenti si assumono la responsabilità» Olivi: «No rese dei conti. Nel voto c’è un disagio da capire»



TRENTO. Dimissioni dalla presidenza del partito. Donata Borgonovo Re le ha presentate in una mail inviata ai maggiorenti del Pd e le messe sul tavolo lunedì alla riunione del coordinamento del partito, il giorno dopo la bruciante sconfitta al referendum su cui la presidente si è spesa in prima persona con tantissime serate sul territorio. Il coordinamento le ha di fatto respinte, ma il voto di domenica si è abbattuto anche sul Pd trentino, che già era alle prese con un precario equilibrio interno. «Ci siamo interrogati com’era giusto che fosse da dirigenti del partito - spiega la consigliera provinciale - a settembre l’assemblea ha votato una proposta di sostegno al sì al referendum, la stessa mozione congressuale del segretario Gilmozzi prevedeva al primo punto il sì alla riforma. Non si può fare finta di niente. Di fronte a un risultato così travolgente ci prendiamo la responsabilità di non aver letto certi segnali che arrivano dal territorio o di non essere riusciti a spiegare a sufficienza i contenuti della riforma. In questa campagna referendaria in Trentino si è parlato tanto di autonomia, il collegamento con il locale c’è stato eccome». La prossima settimana è convocata l’assemblea del partito a cui sarà sottoposto un documento politico sul percorso da qui ai prossimi mesi. «Il coordinamento ci ha restituito uno sguardo positivo - osserva la presidente - assumersi le responsabilità non significa cercare colpevoli. Dobbiamo rafforzare la nostra proposta politica».

«Evitiamo rese dei conti», è l’invito lanciato al coordinamento dal vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi. «Un partito deve avere la forza di trovare la propria ragion d’essere quando vince e quando perde. Quando i partiti sono deboli e diventano dei comitati elettorali, e vale anche per il Pd trentino, accade che si ringalluzziscono alle elezioni e poi non riescono a costruire pensiero, e così ad ogni appuntamento elettorale c’è il rischio di una resa dei conti». Olivi non sottovaluta però la portata del risultato al referendum, che in Trentino ha visto una netta vittoria del no. «Credo che la coalizione abbia fatto bene a giocare a viso aperto questa battaglia, in politica quando credi in un obiettivo ti devi spendere. Ora dobbiamo leggere con umiltà il risultato». Per Olivi «nel no di domenica si sono saldati una spinta alla conservazione e un voto politico contro il governo, ma anche un voto che viene dal nostro mondo ed esprime un disagio che si sta espandendo e fatica a trovare rappresentanza. Dobbiamo ascoltarlo». Per questo, è l’analisi del vicepresidente, «l’appello del presidente Rossi all’unità della coalizione va bene se è riferito all’azione di governo, ma non dev’essere un modo per congelare una discussione politica al nostro interno che non ha nulla a che fare con la lealtà e la disciplina. Serve anzi un dibattito coraggioso, sui temi del lavoro, dell’integrazione, delle periferie, che ci riconnetta alle difficoltà di molti cittadini. Il rischio è che il centrosinistra si prosciughi nelle istituzioni, che venga percepito come la somma di Rossi, Olivi, Mellarini. Non può essere questo».

Il segretario Italo Gilmozzi oggi sarà a Roma, per partecipare alla sua prima direzione del Pd in cui Matteo Renzi annuncerà la sua proposta per il dopo-referendum: governo di unità nazionale per fare la legge elettorale oppure elezioni subito, dicono le indiscrezioni. Al suo ritorno si prepara ad aprire quella riflessione interna che ha auspicato subito dopo il voto: «Non è possibile - aveva detto - che nel partito ci sia chi festeggia e chi piange per la vittoria del no. Occorre interrogarci sul nostro stare insieme». Dalla minoranza interna, che in parte era schierata con il no (Plotegher, Dorigatti), la richiesta è di una «cogestione del partito», dice l’ex candidata alla segreteria Elisabetta Bozzarelli.

(ch.be.)

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