Palazzo delle Poste, interesse dei privati 

Dopo anni di abbandono, per l’edificio di Mazzoni si prospetta una nuova vita con negozi e ristoranti ad animarlo 


di Sandra Mattei


TRENTO. Il degrado appare in tutta la sua gravità, nell’intonaco scrostato e sporco, ma anche nello stato di abbandono delle aiuole che danno su via Mantova. Del resto il Palazzo delle Poste, tra le rare opere di architettura futurista dovuta all’ingegno di Angiolo Mazzoni, è chiuso da ben dieci anni (uffici postali a parte), da quando venne sistemato per l’allestimento di Manifesta7, la biennale itinerante dell’arte, che si tenne appunto nel 2008 tra Trento, Rovereto e Bolzano.

Ora, da fonti accreditate, arriva la notizia dell’interessamento di privati per l’acquisto. Si tratterebbe di un imprenditore trentino e di uno da fuori provincia, interessati a trasformare il Palazzo di oltre 7 mila metri quadrati in uno spazio destinato ad attività economiche, dai ristoranti ai negozi al piano terra ed al primo piano, mentre nel secondo e nel sottotetto troverebbero spazio 14 appartamenti. Questo prevede la convenzione firmata tra i proprietari del Palazzo delle Poste (l’Egi, Europa Gestione Immobiliari, la società che possiede gli immobili di Poste Italiane) ed il Comune nel luglio dell’anno scorso, che stabilisce la nuova destinazione d’uso di un edificio nato per ospitare uffici pubblici. In consiglio comunale se n’è discusso a lungo, anche perché in passato erano state avanzate varie ipotesi di utilizzo del Palazzo di Mazzoni, che andavano da un grande magazzino ad uno spazio di creatività giovanile. Una volta stabilito che in quell’edificio ci potranno andare diverse destinazioni, compresi gli appartamenti, per i privati l’acquisto di un palazzo, in pieno centro, potrebbe essere appetibile. Va ricordato però che, essendo un’opera architettonica di pregio, la Provincia potrebbe esercitare il diritto di prelazione. Non solo, qualsiasi progetto dovrà essere sottoposto al parere della Soprintendenza ai Beni artistici. Sempre le voci dei ben informati confermano che i privati avrebbero sondato l’eventuale interesse dell’ente pubblico per la prelazione. Ma in passato, non c’è mai stata una manifestazione in questo senso, anche se non è un mistero che ai tempi dello svolgimento di Manifesta7, l’allora assessora alla cultura Margherita Cogo ci aveva sperato.

Chi ha sempre sostenuto che il Palazzo dovrebbe mantenere la sua destinazione originaria, è l’architetto Fabio Campolongo, uno dei massimi studiosi dell’edificio, autore di varie pubblicazioni sulla sua storia e l’originalità dell’opera futurista (vedi articolo a fianco, ndr.). Ma qual è il suo pregio, visto che lo stato attuale non ne permette la giusta valutazione? Va detto che il Palazzo è un’opera originale che mantiene tracce delle stratificazioni passate, conservando frammenti della Casa Geroldi a Prato rinascimentale, sulle cui fondamenta venne costruito un edificio in stile asburgico, per poi trovare il suo definitivo aspetto. Scrive Campolongo: «Si confrontano, convivono in armonia e contraddizione storicismi, arcaismi, modernismi, in una collezione di frammenti, citazioni ed opere d’arte». Ed è il colore la cifra stilistica che lo contraddistingue: l’azzurro Savoia per la “città redenta” e la sorprendente sequenza cromatica di rossi, ocra, blu e verdi degli uffici. Senza dimenticare gli affreschi di Luigi Bonazza e di Gino Pancheri.













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