sanità

«Ospedale fantasma», troppi 18 anni

La Corte dei Conti bacchetta Provincia e Azienda sanitaria per i tempi lunghi sul Not: «I rischi vanno governati con metodo»


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. «La prima decisione di costruire il nuovo ospedale è stata presa nel 1998. Siamo nel 2016e ancora i lavori non sono iniziati. Sono passati 18 anni. Un tempo che ha comportato costi alti sia in termini di spese per la manutenzione del Santa Chiara sia in termini di disagi per la mancanza di un ospedale moderno. Ci vuole metodo nelle grandi opere». I consiglieri della sezione Controllo della Corte dei Conti Gianfranco Postal (relatore) e Massimo Agliocchi parlano a nuora perché suocera intenda. Davanti a loro l’assessore alla sanità Luca Zeni, il direttore generale dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon, il direttore dell’area economica Tullio Ferrari, il dirigente del Dipartimento Salute della Provincia Silvio Fedrigotti e il dirigente del servizio Sanità di piazza Dante Andrea Anselmo.

Ieri mattina davanti alla sezione presieduta da Diodoro Valente c’era l’udienza sulla relazione al bilancio 2015 dell’Azienda sanitaria dei magistrati contabili hanno potuto constatare come i conti siano in sostanziale pareggio grazie ai risparmi del passato con 29 milioni di proventi di natura straordinaria.

Il bilancio. Un bilancio che vede il valore della produzione a quota un miliardo e 234 milioni di euro, mentre i costi sono a quota un miliardo e 229 milioni di euro, con un aumento rispetto all’anno precedente di 4,2 milioni. Un bilancio che vale il 22% del bilancio provinciale, mentre lo scorso anno valeva il 25%. Una spesa in calo e razionalizzata destinata a scendere ancora grazie agli interventi di chiusura dei punti nascita e di soppressione dei presidi di guardia medica sul territorio ricordati dall’assessore Luca Zeni.

Il costo pro-capite. Lasciando i macronumeri di un bilancio monstre, il relatore Postal ha analizzato le varie componenti del documento contabile e ha osservato come il costo pro capite della sanità trentina sia superiore del 34 per cento rispetto alla media nazionale con una spesa per ciascun cittadino di 2.174 euro contro i 1.862 euro a livello nazionale. Una differenza dovuta a vari elementi, il primo citato è stato il maggior costo del personale (pari a 419 milioni di euro ovvero il 34% dei costi totali) a causa del contratto di lavoro provinciale, ma anche al costo della mobilità, i pazienti che vanno a farsi curare fuori dal Trentino e quelli che vengono dal fuori, che ha un passivo di 16 milioni di euro. Ma è stato osservato che il maggior costo è dovuto anche ai cosiddetti extralea, cioè ai servizi in più forniti agli utenti trentini e all’acquisto di farmaci innovativi, come quelli per l’Epatite C, che altrove vengono forniti con il contagocce, mentre in Trentino l’Azienda sanitaria è più generosa e ha visto un aumento della spesa di 6,6 milioni di euro. Zeni ha anche rivendicato un maggiore servizio di assistenza agli anziani, con un costo più alto dell’assistenza anche per la presenza capillare di case di riposo su tutto il territorio.

I ritardi per il Not. Alla fine, il bilancio è stato sostanzialmente approvato dalla sezione Controllo che però si è soffermata a lungo sull’eccessivo ritardo nella realizzazione dell’ospedale. Postal ha ricordato che la prima delibera con la quale la Provincia aveva deciso la realizzazione del nuovo ospedale risale al 1998, ma, 18 anni dopo, per il Not non c’è neanche il progetto con l’iter impantanato a lungo nella palude dei ricorsi al Tar. Ritardi incomprensibili come ha spiegato il relatore: «Le grandi opere comportano molti rischi come ad esempio quelli idrogeologici o quelli giuridici, ma i rischi vanno governati». Postal poi ha fatto il conto di quanto la Provincia ha speso finora: «Sono stati spesi 61,5 milioni di euro per le aree dedicate, 122,7 milioni di euro per il centro di Protonterapia che alla fine costerà 170milioni in totale, 22,76 milioni per il Not vero e proprio. E poi sono stati spesi 93 milioni per gli interventi di implementazione dell’ospedale Santa Chiara». E questo senza considerare il costo dei disagi dei pazienti.













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