Olivi: una politica comune con l’Alto Adige sui negozi

L’assessore: «L’arrivo di grandi brand non ostacolerebbe le piccole botteghe» L’invito ai consorzi: «Collaborate con gli investitori per creare centri attrattivi»


di Paolo Piffer


TRENTO. L’assessore al commercio Alessandro Olivi guarda a nord del territorio provinciale e manda un segnale, forte, al collega altoatesino Widmann. «Credo che sia ora - afferma - di pensare concretamente ad una politica distrettuale del commercio su base regionale. Non solo perché questi due territori hanno una loro omogeneità ma pure per la necessità di governare insieme certi processi, in primis questa liberalizzazione spinta sugli orari che arriva dal governo centrale. Una liberalizzazione che rischia di favorire l’aggressività dei grandi gruppi organizzati (fuor di metafora, dei megastore, ndr) a discapito di un’offerta di qualità. Per ora a Bolzano non ho trovato particolare ascolto ma intendo proseguire su questa strada, di un piano condiviso che coinvolga le principali città regionali per un format turistico-commerciale comune».

E questo che c’entra con l’ingresso, o meno, dei grandi marchi di cui il “Trentino” si sta occupando in questi giorni?

C’entra perché la riforma provinciale sul commercio entrata in vigore da poco ne favorisce l’arrivo nei centri storici, abbatte molti vincoli, sia di superficie che di parcheggi. La nuova normativa crea le condizioni perché i centri storici siano un volano per lo sviluppo, un incubatore, caratterizzando così la fisionomia urbana delle città a discapito, fortunatamente, della speculazione immobiliare e della proliferazione dei megastore al di fuori del cuore cittadino. E’ un cambio di rotta che intende favorire il concetto della galleria commerciale.

Lei afferma, in pratica, che la Provincia ha fatto la sua parte. Manca ancora qualcosa?

Sì. C’è la necessità di riutilizzare, almeno parzialmente, nelle forme più opportune, il patrimonio esistente, anche quello pubblico. E qui i Comuni sono chiamati a fare la loro parte, Trento innanzitutto, ma anche Rovereto e, perché no, Pergine. Pure attraverso partnership con i privati ma, soprattutto, con la progettazione di piani di promozione commerciale che attraggano pure i grandi marchi, rendendo i centri storici appetibili.

Visti questi movimenti, può anche cambiare il rapporto con l’Alto Adige in tema di grandi firme che lì sono già sbarcate?

Penso proprio di sì. Ritengo che il Trentino, dal punto di vista commerciale, abbia qualche margine di competitività in più rispetto all’Alto Adige. Trento e Rovereto hanno un’attrattività turistico-culturale più forte delle colleghe altoatesine.

Cosa possono portare al territorio questi brand stellari?

Il turista ci dice, secondo una recente indagine, che la carenza maggiore delle nostre città è la mancanza di un’offerta commerciale di qualità. Quindi… E poi la loro presenza non sarebbe certo di ostacolo al piccolo commerciante, anzi, favorirebbe la rete e l’indotto. Inoltre come Provincia finanziamo i Consorzi per la valorizzazione del centro storico. Bene, cerchino di entrare in contatto con questi grandi investitori, favoriscano la nascita, assieme, di nuovi format per il centro storico. Le possibilità ci sono.

Ma c’è la crisi. Non è che queste possibilità siano frenate dalla congiuntura?

No. Quelli che stanno perdendo punti, lo dicono le cifre, sono i grandi centri commerciali. Sarebbe deleterio realizzare ancora scatole di cemento fuori dalle città. Diamo nuova vita, invece, ai centri storici.

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