«Non ho più una ragione per continuare a vivere»

Cermis, il racconto di Azat di quella tragica sera: «Ho scelto quella pista perché avevo visto salire da lì altre motoslitte»



TRENTO. Non si dà pace pensando a quello che è successo venerdì sera, alla tragica discesa con la motoslitta nella quale sono morte sei persone, e ora ha pure ricevuto un’ordinanza di custodia cautelare. Azat Yagafarov è ricoverato in ortopedia al Santa Chiara. Ha diverse fratture alle gambe e anche il braccio rotto. Un’escoriazione copre quasi metà del viso ma non sono i dolori fisici a far soffrire il russo arrivato due anni fa in Italia per restare con Larisssa, sua moglie. Lei è una delle sei vittime di quella terribile sera: «Una donna eccezionale» continua a ripetere Azat. E non riesce a pensare ad altro, non sa come andare avanti senza di lei: «Non ho più una ragione di vita», singhiozza, mentre pensa anche alle altre cinque vittime. Il gruppo si era conosciuto solo da pochi giorni ma fra di loro era nata un sentimento di amicizia molto forte. Li chiama «fratelli» per far capire come fosse intenso il loro rapporto. La comitiva di turisti aveva fatto venerdì pomeriggio un’ultima tappa all’hotel Sporting per un saluto prima di tornare nel residence di Cavalese dove avevano preso in affitto un trilocale. Si era fatto però tardi e la seggiovia aveva smesso di funzionare. Hanno così deciso di fermarsi a cena rimandando a dopo il problema della discesa. C’era tanta allegria, una bella atmosfera in quella cena alla quale mancava il figlio minore di Boris Iudin (l’uomo è ora ricoverato in neurochirurgia) che aveva preferito fare ritorno a casa.

Verso le 21 ci si pone il problema della discesa: i russi non vogliono fare tardi visto che il giorno dopo avrebbero dovuto raggiungere l’aeroporto per tornare a casa. Raissa - è il racconto di Azat - contatta un gattista per chiedere un passaggio per gli amici ma non trova disponibilità. A quel punto si decide di usare la motoslitta. Raissa e Azat si sentono responsabili per i loro amici che devono per forza fare ritorno a Cavalese. E così l’uomo, un po’ controvoglia come racconta, si mette al volante del mezzo. E sceglie di percorrere la pista nera non per fare più in fretta «ma perché avevo visto delle motoslitte salire da quella strada e pensavo che se si può salire, allora si può anche scendere». La pendenza dell’«Olimpia 2», il peso della motoslitta con otto persone a bordo (si calcola sugli 800 chili di peso complessivo) sono le componenti che portano alla tragedia. Azat racconta di rendersi conto subito che i freni non tengono. Cerca di fare lo slalom per ridurre la velocità ma tutto è inutile. Quella motoslitta si trasforma in un missile senza controllo. E provoca sei morti. Le salme dei 5 turisti dovrebbero tornare in Russia fra domani e giovedì e del trasporto se ne sta interessando anche il ministero degli Esteri russo che sta lavorando anche per far tornare Boris Iudin su quello stesso volo.(m.d.)













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