No al trasferimento Il giudice reintegra una dipendente

Trento. Tutto è successo in poco tempo per una lavoratrice dipendente di una grande azienda trentina della Valsugana, nota per la produzione di porte per garage. Dapprima la comunicazione a gennaio...



Trento. Tutto è successo in poco tempo per una lavoratrice dipendente di una grande azienda trentina della Valsugana, nota per la produzione di porte per garage. Dapprima la comunicazione a gennaio di un riassetto societario che avrebbe comportato la fusione di due sedi produttive, una delle quali dislocata nella provincia di Brescia. Poi una lettera di trasferimento definitivo, senza possibilità di appello, per ragioni tecnico organizzative, dal Trentino nella lontana provincia lombarda. «Una scelta giustificata apparentemente, a livello aziendale, dal principio di libera iniziativa economica privata che – tuttavia – andava a colpire una dipendente storica, in stato di salute precario, con contratto di lavoro a part time, adibita a mansioni non specialistiche. Una decisione che, in buona sostanza, sembrava indirizzata a spingere la dipendente alle dimissioni, per l'oggettiva difficoltà legata allo spostamento, all'improvviso abbandono della propria dimora, alla perdita del contatto con i genitori ormai anziani e soprattutto per i costi insostenibili – umani e patrimoniali - che avrebbe comportato».

Così la Feneal Uil del Trentino racconta la vicenda, nella quale ha avuto un ruolo determinante: il sindacato ha da subito deciso di impugnare la comunicazione, avvalendosi della storica collaborazione con l’avvocato Fior, noto per avere trattato nel passato problematiche simili, piuttosto diffuse purtroppo nel settore della grande distribuzione organizzata. Si è quindi fatta richiesta al Tribunale ordinario di Trento – Sezione controversie di lavoro – di revoca del trasferimento e reintegro della lavoratrice nello stabilimento di assunzione. Il 6 maggio scorso si è avuta la sentenza di accoglimento, da parte del tribunale, delle istanze della lavoratrice e il conseguente obbligo di reintegrare la stessa nello stabilimento occupato prima del trasferimento disposto.

«Una sentenza che, ancora una volta, subordina l'esercizio del potere di trasferimento a quello dell'osservanza dei doveri di correttezza e buona fede - scrive il sindacato in una nota - In particolare, il datore di lavoro non può esercitare il potere di trasferimento con modalità non necessarie, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio al lavoratore, essendo evidente in tal caso l'abuso di diritto. Nell'esprimere soddisfazione per la sentenza, riteniamo opportuno rendere noto all'opinione pubblica quanto accaduto, affinché episodi come questo non abbiano a ripetersi e le aziende siano consapevoli dei rischi legati all'illegittimo trasferimento dei propri dipendenti».













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