Neonati e pulcini, al Cimec 2,5 milioni di fondi europei

Il Centro mente-cervello del professor Vallortigara studia l’attività dei neuroni per curare l’autismo


di Nicola Filippi


ROVERETO. Bambini e pulcini accomunati nello stesso studio per capire la cognizione sociale negli esseri umani e curare malattie come l’autismo. “Meccanismi innati per l’orientamento sociale: un approccio neuro-conoscitivo comparato” è il progetto studiato dal Centro mente-cervello (Cimec) di corso Bettini che ha ricevuto 2.5 milioni di euro di finanziamento europeo. Il professor Giorgio Vallortigara, direttore vicario del Cimec, autore di numerose pubblicazioni sul tema, sorride. Il progetto vuole studiare i meccanismi innati che sono alla base del comportamento sociale negli esseri umani e negli altri animali: «Confronteremo l’attività cerebrale dei pulcini subito dopo la schiusa e dei bambini nati da poche ore». I pulcini sono animali filogeneticamente lontani dall’uomo, ma quando nascono dimostrano di avere una predisposizione a osservare i loro simili. Non seguono altre forme viventi né oggetti. Così succede anche per i neonati. Gli altri animali invece hanno bisogno di un “periodo di prova” dei loro sensi.

Per lo studio sarà acquistato un’apparecchiatura per la spettroscopia nel vicino infrarosso (Nirs), una tecnica di imaging-cerebrale, completamente non invasiva, che permette di osservare il cervello in azione anche nei bambini con poche ore di vita. Il progetto durerà cinque anni e coinvolgerà una équipe di cinque ricercatori. La fase di ricerca e analisi dei dati si svolgerà fisicamente nei nuovi laboratori in Manifattura, mentre l’aspetto medico sarà sviluppato in alcune cliniche convenzionate.

«Il progetto lavorerà su un duplice binario - spiega Vallortigara - noi speriamo di identificare i meccanismi neurali che stanno alla base del comportamento sociale e capire i meccanismi genetici». La ricerca del Cimec avrà anche implicazioni sulle patologie del comportamento, come l’autismo. In concreto, «noi creiamo una persona che si muove, ma anziché proiettare l’immagine di una persona in movimento, trasformiamo l’immagine in una serie di puntini luminosi, in corrispondenza delle articolazioni. In questo modo convogliamo una forte impressione di un movimento biologico. Oppure un simulacro della mamma. I neonati e i pulcini sono sensibili a questo tipo di immagini, noi vogliamo capire quali regioni del cervello vengono attivate. Mentre i bambini autistici hanno difficoltà a riconoscere queste immagini. Le vedono, ma non riescono a interpretarle in maniera non sociale, come semplici punti in movimento».

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