Morto il frate amico del «Che»

Padre Berardo Osti aveva passato in Bolivia più di 35 anni


Graziano Riccadonna


TRENTO. Umilmente e in silenzio, circondato dalla benevolenza dei padri francescani, se ne è andato padre Berardo Osti. Padre Berardo, ospite da alcuni anni dell'infermeria del convento trentino, era tra le più vecchie querce di San Francesco, quasi novantasettenne, essendo nato il 1º marzo 1915 a Spormaggiore.

Sulla copertina di "Tatahuasi", il suo libro di memorie, è fotografato in posa come un Sancho Panza giovane a cavallo del suo Pino, il cavallo comprato in missione durante una delle tante escursioni nella foresta equatoriale. Ai tempi del suo servizio missionario nell'America del sud. Per l'occasione dei 95 anni di fra Berardo, un paio di anni fa, erano confluiti al convento dei francescani delle Laste di Trento il sindaco del paese natale Spormaggiore, Arduino Zeni, insieme ai parenti e amici, guidati dal vecchio amico Livio Pranzelores.

Era stata davvero festosa la ricorrenza dei 95 anni di padre Berardo, l'ultimo superstite della pattuglia di francescani che oltre 70 anni fa, nel 1950, partirono per la missione in Bolivia.  A trentacinque anni padre Berardo aveva raggiunto la Bolivia, rimanendo per trent'anni nella regione di Cochabamba, durante i quali tiene un diario, annotandovi quotidianamente episodi, riflessioni, appunti, poi confluiti nella pubblicazione fortemente voluta da Livio Pranzelores, Tatahuasi, la casa del Padre. La missione francescana in Bolivia nei diari di p. Osti. 1949-1977, a cura di R.M.Grosselli. Proprio Pranzelores ha avuto l'idea di togliere i diari dalle polveri d'una soffitta al convento francescano, per divulgarli e farli conoscere. La sua memoria resterà legata per sempre ai diari scritti in missione.

Tra gli altri racconti di padre Berardo, quello dell'incontro indiretto con Ernesto "Che" Guevara nelle boscaglie impervie della Bolivia, poco prima che il mitico "Che" fosse ucciso dall'esercito boliviano. Proprio lì agiva in quegli anni anche il francescano piemontese Leone Girotto, in seguito usato dai servizi segreti italiani nelle trame eversive: e anche padre Berardo diviene a suo modo rivoluzionario, seppure di Cristo, assumendo il nome di «Frate mitra», che ancora a 97 anni gli si affibbiava bonariamente. Nel suo diario padre Berardo parla a lungo delle riforme fatte negli anni Cinquanta dal presidente Victor Paz nazionalizzando le miniere e introducendo il suffragio universale e le riforme dell'istruzione e agraria. Insomma, una vita avventurosa sempre in nome di Cristo, ma che lo ha portato anche a fare del bene e a confrontarsi con epoche striche molto importanti.













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