ROVERETO

«Mio figlio autistico aggredito in centro»

Leonardo Pavoni: tre individui lo hanno sbeffeggiato con aggressività, siamo intervenuti ma senza usare violenza



ROVERETO. La denuncia pubblica la fa lui, il padre: sabato sera, mentre uscivano da un ristorante in centro a Rovereto dopo una cena con una decina di familiari anziani, suo figlio ventiduenne, autistico, è stato sbeffeggiato e aggredito da tre stranieri ubriachi e male in arnese. Il padre è intervenuto subito, e la cosa migliore che ha fatto stata quella di dominare la rabbia: il padre in questione è infatti Leonardo Pavoni, ex campione del mondo di kickboxing e tuttora molto in forma. «Eravamo appena usciti, era stata una serata tranquilla, un sereno ritrovo di famiglia. Erano circa le 23 e ci siamo fermati a scambiare due chiacchiere sui gradini dell’hotel Rovereto mentre mio figlio, come spesso fanno gli autistici, si è allontanato di qualche metro fino a raggiungere il marciapiede. E si è trovato lì, da solo benché sotto i nostri sguardi, proprio mentre passavano tre nordafricani. Uno gli si è fatto incontro e ha iniziato a imitare i gesti che mio figlio faceva con le mani, spaventandolo. Siamo accorsi subito e per prima cosa li abbiamo invitati ad andarsene o avremmo chiamato la polizia. Alla parola “polizia” quello in bici è fuggito, ma gli altri due si sono infuriati e si sono mostrati aggressivi anche con noi».

Pavoni non ha solo 30 anni di kickboxing alle spalle, ma anche una decina da professionista della security e sa come mantenere la calma anche nelle situazioni di maggior tensione. Tuttavia gli deve essere costato un bel po’, con tutta probabilità, tenere le mani a posto, ma la motivazione principale in quel momento era tutelare il figlio disabile e i familiari, coinvolti a forza in un litigio per strada. «Uno mi metteva le mani addosso, come a cinturarmi, forse cercava di sedare gli animi, ma l’altro era più aggressivo». Alla fine, dopo dieci minuti abbondanti di animata discussione - per usare un eufemismo - i due individui molesti se ne sono andati. «Avevano brutte facce, uno aveva un occhio pesti e il viso pieno di graffi, tutti e tre puzzavano di alcol. Non è stata una bella situazione in cui trovarsi il sabato sera in centro» racconta Pavoni, uno che non avrebbe difficoltà a farsi “giustizia da solo”. Ha scelto invece di restare fermo, ma senza rinunciare a denunciare l’accaduto. «Ho avuto un dubbio su chi fossero in quel momento gli individui da tutelare, le “categorie protette”. In teoria, mio figlio autistico appartiene a questa categoria, ma se mi fossi “arrangiato da solo” con quelle tre persone ho l’impressione che l’opinione pubblica avrebbe parteggiato subito per questi. Ne sarei uscito come un soggetto facinoroso. Ho proferito che la situazione di tensione si risolvesse, senza violenza».













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