Medici «a tempo pieno» contro le code in ospedale

Pronto soccorso, Zeni esclude aumenti dei ticket come auspicato dal primario «Puntiamo invece su una rete di ambulatori privati vicini al cittadino»


di Luca Pianesi


TRENTO. Il problema delle code al Pronto Soccorso non si risolve semplicemente aumentando i ticket per quei pazienti che non stano poi così male (quelli ai quali negli ospedali verrà attribuito il codice bianco o il codice verde). Almeno non è questa la strategia che intende adottare l’assessore alla sanità della Provincia Luca Zeni che vuole, invece, puntare sempre di più su una rete efficiente e strutturata di medici di base al servizio del cittadino per gli interventi di primo soccorso e le diagnosi. Tanto più alla luce del fatto che i ticket, come strategia per “scoraggiare” gli utenti da codice bianco e verde, non hanno dato gli effetti sperati: da gennaio ad agosto 2015, infatti, come riportato sul Trentino di ieri sono stati 151.423 gli accessi ai reparti di pronto soccorso trentini rispetto ai 149.962 dello stesso periodo del 2014. Con un aumento quindi dell’1% circa, in contro tendenza rispetto alle aspettative dell’azienda sanitaria. E sempre ieri, sul nostro giornale, era il primario del pronto soccorso di Trento Claudio Ramponi ad auspicare un aumento dei ticket (oggi di 25 euro per i codici bianchi e di 50 euro per le prestazioni diagnostiche per codici bianchi e verdi). «I ticket attuali non sono sufficienti - spiegava Ramponi - come deterrente per i troppi codici bianchi che si rivolgono in maniera ingiustificata alle nostre strutture di emergenza».

«Aumentare i ticket sarebbe forse la soluzione più semplice per tentare di risolvere il problema delle code nei pronto soccorso. Ne siamo consapevoli - spiega l’assessore Zeni - ma non è la strategia che intendiamo percorrere noi. La chiave, per quanto mi riguarda, invece sta nella valorizzazione della rete dei medici di base. Dobbiamo creare delle strutture dove possano operare più medici in maniera coordinata; degli ambulatori che permettano al cittadino di essere visitato e curato anche se non c’è il suo medico di famiglia. Quello della diagnosi, infatti, è il momento centrale di tutto l’intervento sanitario. Parte tutto da quella fase. Per questo bisogna valorizzare al massimo la figura dei medici di base». Per farlo l’assessore ha già dato il via a una serie di colloqui informali con sindacati e medici e intende nei prossimi mesi incontrare tutti gli attori coinvolti in questa riforma. «Il processo infatti è meno semplice di quanto si possa immaginare - prosegue Zeni - perché se molti medici si sono dimostrati molto ben disposti e interessati al progetto ce ne sono altri che sono più restii al cambiamento. D’altronde non dobbiamo dimenticare che i medici di base sono dei professionisti e che in quanto tali puntano anche al profitto. Profitto che si basa anche sul numero di pazienti che hanno quindi un sistema che metta in rete dottori e utenti non è banale da realizzare».

Gli interventi tesi a favorire questo processo sarebbero calibrati, da parte della Provincia, in primis su un sistema di sgravi che faciliti l’aggregarsi dei medici. «Abbiamo pensato per esempio ad incentivi per dotarli degli edifici ambulatoriali - completa l’assessore alla sanità - o per favorire la mobilità dei medici ma non vogliamo che questo processo si traduca in una semplice occasione di monetizzazione per loro. La discussione è aperta e vogliamo sia orientata anche al principio di responsabilità. La consapevolezza di tutti deve essere quella che se si riesce a creare queste strutture, o a potenziare quelle già esistenti in alcuni territori, si permetterà agli ospedali di lavorare in maniera più efficace e si darà al cittadino un servizio di primo intervento pratico e immediato».

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