Mediazione fallita, Dellai verso l’addio

L’ex governatore a Mellarini: «Ritiriamoci, serve un traghettatore». L’assessore rifiuta: «Io vado avanti». Ipotesi Aventino


di Chiara Bert


TRENTO. Pronto alla pace o alla guerra, aveva detto due giorni fa. La pace, per Lorenzo Dellai, doveva essere una «tregua», per quanto armata, da sancire con il suo competitor per la segreteria dell’Upt Tiziano Mellarini: un passo indietro di entrambi, a cinque giorni dal congresso. Fine momentanea delle ostilità, un ricompattamento delle due fazioni al fotofinish e il via ad una fase di transizione con una figura istituzionale, il capogruppo provinciale Gianpiero Passamani, a reggere il partito.

Proposta rifiutata ieri da Mellarini: «Io vado avanti, difficile a questo punto fare scelte diverse. Abbiamo una responsabilità nei confronti dei nostri iscritti». I due si sono incontrati al Bar Marinaio, la prima volta a mezzogiorno, poi di nuovo nel pomeriggio. Un colloquio franco, tra l’ex governatore e il suo ex assessore oggi antagonisti: una riflessione sul ruolo dell’Upt e sulle prospettive della coalizione. Il confronto finisce senza intesa, non ci sono mediazioni. A sera Dellai riunisce nella sede di via Lunelli i suoi sostenitori, quelli che tre mesi fa lo hanno convinto che fosse il momento di andare fino in fondo scendendo in campo in prima persona: con i fedelissimi ha voluto confrontarsi per decidere il da farsi. In sala un’ottantina di persone, tra gli altri il senatore Vittorio Fravezzi, Mauro Betta, Paolo Biasioli, Chiara Maule, Renzo Anderle, l’ex ad di Trenta Marco Giovannini, Corrado Paolazzi, Renato Tomasi, Massimo Ducati, Flavia Fontana, Nicola Ferrante, Umberto Saloni. Ore di discussione, al centro i nodi che il Cantiere civico considera irrisolti: il mancato rispetto delle regole del congresso (che hanno portato Betta a dimettersi dal comitato organizzatore), l’incompatibilità tra le cariche di assessore e segretario se Mellarini vincesse, la linea politica e la tutela della coalizione. Torna a far capolino l’ipotesi di un «traghettatore» che scongiuri lo scontro finale. Ma c’è anche chi propone l’Aventino, e chi vorrebbe chiedere una sospensione del congresso.

Nel partito sono in molti a dare per probabile la rottura e dunque una scissione dell’ala dellaiana. «Hanno già deciso, se ne vanno», commenta uno dei colonnelli del partito. Per fare cosa? Nessuno in questo momento lo sa. E se da mesi si parla di un possibile approdo nel Pd, va detto che dopo Sanbapolis, un anno fa, i rapporti tra Dellai e i Dem trentini si sono tutt’altro che riscaldati.

Ma questo riguarda gli scenari di domani. Oggi le forze in campo (tutto il gruppo provinciale schierato con Mellarini), i numeri delle tessere, il clima sul territorio e l’esito dell’assemblea di Trento (dove il candidato di Panetta e Mellarini ha vinto a man bassa) hanno convinto l’ex governatore che il finale è scritto: sarà il suo sfidante a vincere il congresso e a prendersi le redini del partito. Una prospettiva indigeribile per il padre fondatore della Margherita e dell’Upt e per 15 anni leader incontrastato del centrosinistra autonomista trentino. Nel faccia a faccia ieri Dellai ha posto a Mellarini il problema dell’incompatibilità - sancita dallo statuto del partito - tra il ruolo di segretario e quello di assessore provinciale. Per l’ex governatore una regola che deve essere rispettata, e che implicherebbe le dimissioni di Mellarini dalla giunta. Ma l’assessore ieri ha risposto picche: «Lorenzo, non è fattibile. Io vado avanti». Niente passi indietro, l’ipotesi di Passamani segretario di transizione non è di fatto mai stata presa in considerazione, il diretto interessato è stato il primo a bocciarla: «Impraticabile». E se Dellai se ne andasse davvero? «Mi auguro che non accada», dice il candidato-assessore, «c’è una storia di cui Lorenzo fa parte e io sono per l’unità del partito. Per me il 23 gennaio non ci saranno né vinti né vincitori». Ma non basta a convincere Dellai.

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