Mattarei sceglie Franch, è subito polemica 

La nuova presidente ha nominato la docente nella sua squadra. Insorgono le coop sociali: «L’avevamo bocciata»


di Sandra Mattei


TRENTO. Tra i segnali di discontinuità con il passato, la presidente della Federazione delle cooperative Marina Mattarei, ha parlato prima di tutto di metodo. Ieri, infatti, nel presentare alla stampa i nuovi vicepresidenti, dopo l’insediamento del cda eletto dall’assemblea dell’8 giugno, ha detto: «Nel scegliere i vicepresidenti, ho avuto una lunga fase ascolto, per capire le esigenze e le aspirazioni dei singoli, per un dialogo con tutte le componenti condiviso. Però mi sono assunta anche la responsabilità delle scelte, esercitando la mia autorità».

Ma le polemiche non hanno risparmiato nemmeno il nuovo corso. Veniamo prima di tutto ai nomi dei vicepresidenti: sono Bruno Luterotti, con il ruolo anche di vicario (rappresentante delle coop agricole), Marco Misconel (credito), Walter Facchinelli (coop di consumo), Germano Preghenella (lavoro e servizi), Mariangela Franch (sociali e abitazione). Ed è sul nome di quest’ultima che i rappresentanti di tre coop sociali, hanno scritto una nota nella quale si esprime il «rammarico per l’elezione della vicepresidente del settore sociale», visto che i consiglieri di tale settore avevano espresso opinione contraria. La nota, firmata dai consiglieri Serenella Cipriani, Paolo Fellin e Italo Monfredini rappresentanti del sociale, contesta che in questo caso ci sia stata condivisione, dimostrata solo «con i settori forti, mentre con quelli ritenuti più deboli il metodo è invece orientato ad uno sciatto dirigismo». Mariangela Franch, nel presentarsi, ha comunque sottolineato che pur essendo rappresentante dei “trasversali”, ha presieduto per 13 anni una coop, la Stella Montis. «Sarò rappresentante delle due anime della cooperazione - ha precisato Franch - sia della intersettorialità che del sociale».

Tutti i vicepresidenti hanno voluto dare un’immagine di squadra coesa, come ha precisato Bruno Luterotti, affermando che «non ci sono state trattative, ci siamo ritrovati su una visione». Anche Walter Facchinelli si è augurato «che il settore consumo sia lievito per fa ragionare tutti insieme».

E Germano Preghenella, per il lavoro e servizi, ha assicurato di «voler rappresentare al meglio i settori, per dare impulso alla intercooperazione, come scambio di idee e non solo di merci». È toccato a Marco Misconel ricordare la svolta epocale che ha di fronte il credito: «Con la riforma la Federcoop ha saputo cogliere un’opportunità». E sulla riforma nazionale, si sono concentrate le domande. Mattarei ha dichiarato: «C’è bisogno di una ridefinizione, perché non sono stati valutati bene gli aspetti organizzativi e c’è la preoccupazione che la cooperazione venga omologata alle altre banche».

Misconel, da canto suo, ha affermato: «Il governo vorrebbe sospendere la riforma, ma noi rivendichiamo i contenuti che portano ad un rafforzamento del settore e chiediamo che siano rispettati i tempi già fissati, che dovrebbero renderla operativa dal gennaio del 2018». Il cda ha approvato un documento che afferma la centralità delle casse rurali, banche locali cooperative, legate al territorio e alla propria base sociale e chiede che venga difeso il principio di proporzionalità correlata alla rischiosità.

A precisa domanda se sia rientrata la minaccia che le Rurali escano della Federazione, Mattarei ha risposto: «Il presidente del credito cooperativo riconosce la piena rappresentanza della Federcoop, l’importante è chiarirne i ruoli diversi». E Misconel ha ribadito: «Non riusciamo a pensare una Federazione senza rurali e le rurali senza Federazione».

Per quanto riguarda le voci sul possibile trasferimento della sede della Coop alle Albere, la presidente ha ribadito che non risulta: «Ho già smentito, il tema è stato solo abbozzato nel precedente cda, ma non c’è nulla di definito».

Ed infine, sui segnali di discontinuità da dare con la fase precedente, contrassegnata da gestioni discutibili e da bilanci in rosso, la presidente Mattarei ha detto: «Il cambiamento non vuol dire stravolgimento anche delle cose che hanno funzionato, ma si deve recuperare “i fondamentali”, uscendo dal palazzo per superare l’autoreferenzialità per essere più vicini alla base sociale e non per dirigere, ma per orientare».













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