La Valdastico non regge: ecco i “no” della Provincia

Il dossier presentato martedì a Roma smonta lo studio della Serenissima Oltre all’impegno sulla ferrovia ci sono fondati rischi per falde e inquinamento


di Robert Tosin


TRENTO. In 26 pagine fitte fitte, la Provincia smonta un pezzo alla volta sia le motivazioni economiche che stanno alla base del completamento autostradale della Valdastico sia lo studio tecnico presentato dalla Serenissima. E’ con questo dossier che l’ingegner Raffaele De Col, dirigente di piazza Dante, l’altro ieri si è presentato a Roma alla conferenza dei servizi per ribadire il no trentino a quell’opera. Un “no” che non è pregiudiziale, ma basato su precisi elementi che sono stati messi sul tavolo del ministero. Tanto per essere chiari, già nella premessa la Provincia pone una pietra tombale: quel tratto di autostrada non rientra nel programma delle infrastrutture strategiche e non può essere realizzata, se non violando un mucchio così di norme, regolamenti, statuti e persino della Costituzione. Senza il parere positivo del Trentino non se ne parla nemmeno.

La strategia. Nel dossier ci si sofferma parecchio sull’inquadramento strategico dell’opera che la Serenissima vuole fare assolutamente per poter ottenere la concessione sull’A31. La Provincia però in questo campo ha buon gioco nel ricordare tutti i passaggi - anche politici e non solo reali - che vanno nella direzione di limitare il più possibile le autostrade privilegiando le ferrovie. E’ l’Europa stessa a insistere su questo tasto riversando finanziamenti imponenti nella creazione dei famosi corridoi: uno di questi è quello del Brennero. Tutto, dice la Provincia, va contro il transito su strada che presto sarà pure gravato da ulteriori tassazioni e quindi sempre meno conveniente. Sulla direttrice del Brennero sono già fatti consistenti investimenti sia da parte della Provincia che a livello nazionale. E le intese nazionali e internazionali sono state sancite e più volte confermate. Realizzare la Valdastico, dunque, sarebbe un palese controsenso politico ed economico.

Programmazione. La Provincia ha già varato un piano urbanistico puntuale, approvato pure dal Ministero per quanto riguarda i collegamenti viari con il Veneto. «Dei tre corridoi di accesso - si legge nel dossier portato a Roma - il corridoio Est-Valsugana è quello finalizzato a migliorare i collegamenti con l’area padano-veneta. Esso si identifica nell’asse della strada statale numero 47 con i relativi potenziali sviluppi e della ferrovia della Valsugana con i corrispondenti interventi di miglioramento. Su questo asse si concentrerà la pressione delle nuove viabilità che sono in programmazione e in fase di realizzazione nell’area padana compresa tra Ferrara, Rovigo, Vicenza e Padova. Si pensi alla Pedemontana veneta, al prolungamento dell’A31 verso Rovigo e alla nuova autostrada Cremona-Mantova-Rovigo». 408 chilometri di nuove strade nel solo Veneto che fanno a pugni con la politica del trasferimento su rotaia.

Il progetto. Sulla proposta tecnica, la Provincia fa le pulci su tutto, riscontrando studi poco approfonditi sulle problematiche date da un’opera simile e dalla sua realizzazione: si va dall’inquinamento acustico a quello dell’aria, fino alle fortissime preoccupazione per le falde acquifere (a rischio pure il lago di Lavarone) e all’impatto visivo. Non convincono nemmeno le proiezioni sull’incremento del traffico, che non terrebbero conto delle ricadute sull’A22.

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