La maggioranza dice no al referendum

Spiazzata dalla proposta a sorpresa (e senza i numeri) di Bezzi, Bottamedi e Cia. Accuse reciproche, schieramenti spaccati


di Chiara Bert


TRENTO. Il disegno di legge sulla doppia preferenza di genere - ovvero la seconda preferenza a disposizione degli elettori dev’essere di genere diverso dalla prima, pena la sua decadenza - appare sempre più in un vicolo cieco. La proposta di mediazione presentata ieri a sorpresa in aula da una parte delle minoranze (Giacomo Bezzi, Fi, cofirmatario della legge, Claudio Cia e Manuela Bottamedi) ha spiazzato la maggioranza: un maxiemendamento che sostituisca la proposta attuale (liste elettorali con un rapporto minimo 60-40% tra i due generi e doppia preferenza, da sottoporre a referendum popolare) per bypassare l’ostruzionismo che da mesi blocca la legge. La novità starebbe in un accordo che preveda di approvare la leggea e sottoporla poi a referendum confermativo (senza quorum). Per dare sostanza all’offerta, Cia ha annunciato il ritiro dei suoi oltre 350 emendamenti, che sono però solo una piccola parte della mole dei 5300 presentati, 2250 dal solo Rodolfo Borga (Civica), altri 1700 da Filippo Degasperi (M5S).

La reazione della maggioranza è stata di sbandamento. Lucia Maestri (Pd), prima firmataria con Bezzi del ddl, apre e inizialmente giudica la strada «percorribile». Ma nell’Upt e nel Patt tutti si affrettano a giudicare la proposta «un bluff». Da regolamento d’aula, infatti, gli emendamenti presentati «fuori termine» non sono ammissibili, se non con le firme della maggioranza dei capigruppo. La prassi, inaugurata dal predecessore di Dorigatti, Gianni Kessler, è di 7 firme richieste, 4 di maggioranza e 3 delle minoranze. Queste ultime all’inizio sembrano esserci, oltre a Bezzi si fanno i nomi di Fasanelli (Misto) e Degasperi (M5S), ma a sera di sicura c’è solo la firma di Bezzi. E Bruno Dorigatti annuncia che non intende fare strappi, neanche se per dare la parola al popolo: «Le regole - ricorda - valgono per tutti». Tanto più, osserva, che l’emendamento sostitutivo per essere ammesso deve introdurre novità sostanziali, e la proposta di Bezzi non le conterrebbe.

A metà pomeriggio è il governatore Ugo Rossi, richiamato d’urgenza in aula, a chiudere gli spazi di mediazione: «La nostra proposta è chiara dal novembre 2013, è nel programma del presidente e non abbiamo intenzione di retrocedere». Critica le regole d’aula «che non consentono alla maggioranza di attuare il proprio programma». E rivendica: «Non apro nessuna trattativa al buio, le minoranze devono dare risposte sulla praticabilità d’aula». Lo ribadisce anche al vicepresidente Alessandro Olivi che si mostra invece possibilista: «Io penso che la strada vada percorsa, dovremmo parlarne, cosa c’è di più democratico di un referendum, anche per creare coscienza collettiva?». Ma l’assessore Mauro Gilmozzi (Upt) non vuole sentire ragioni e non fa nulla per nasconderlo: «La proposta delle minoranze non c’è, non ci sono le firme. E comunque - sbotta - il referendum possono chiederlo comunque (basta un quinto dell’aula, 7 consiglieri, ndr)». Passa l’assessora alle pari opportunità Sara Ferrari: «Prima del referendum, serve una legge approvata», è la sua stoccata. Scintille, in una maggioranza dove l’Upt non ha mai fatto mistero di non amare per niente questa legge.

Le minoranze lo sanno, e su questa spaccatura incalzano, pur essendo profondamente divise a loro volta, con i 5 Stelle, grandi sostenitori della democrazia partecipativa, che in questo caso bocciano la mediazione del referendum. Da parte sua, Borga dichiara che un maxiemendamento non sarebbe la fine del mondo, ma Civica Trentina non è disposta a togliere le castagne dal fuoco alla maggioranza. Stessa linea di Maurizio Fugatti (Lega): «La verità è che la maggioranza spera che questa proposta non passi». In serata Bezzi e Maestri si danno appuntamento a questa mattina. Bezzi insiste: «I funzionari del consiglio ci aiutino a scrivere l’emendamento». Ma la sensazione è che la strada sia già chiusa. E che la doppia preferenza non diventerà legge.

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