La giunta spinge le professionali: «Scegliete quelle». E snobba i licei 

Il Caso della settimana. Tempo di iscrizioni a scuola e l’esecutivo sponsorizza con una lunga nota la formazione professionale. Silenzio sugli altri indirizzi. Il rischio è che tra i giovani passi il messaggio che “tanto studiare non serve”


Luca Petermaier


Trento. Circa 4000 famiglie saranno da oggi e fino al 31 gennaio impegnate nella scelta della scuola per i propri figli che passano dalle elementari alle medie e (soprattutto) dalle medie alle superiori. quest’anno, però, su questa scelta arriva un’indicazione di peso, di quelle in grado davvero di orientare il futuro degli studenti indecisi: quella della provincia autonoma. con una nota di venerdì 3 gennaio, la giunta provinciale ha approfittato della notizia dell’apertura dei termini per le iscrizioni per dare il proprio imprimatur alle scuole professionali: «il futuro si chiama artigianato».

I voti alti? Non contano

Per la verità l’esecutivo a trazione leghista non hai mai nascosto la propria predilezione per le scuole professionali. Neanche 20 giorni fa, per dire, nel corso di un evento pubblico era arrivato l’appello dell’assessore all’artigianato Roberto Failoni: «Diciamo ai genitori che non sempre è l’unica scelta per i ragazzi con i voti anche alti di andare al liceo o all’Università. Nel resto d’Italia tutti ci dicono di invidiare le nostre scuole professionali».

Ora, che sia l’assessore all’artigianato a invitare i giovani a scegliere la via della formazione professionale ci sta. Ma la nota della Provincia di quattro giorni fa è parsa, anziché una neutra comunicazione di servizio, come uno spot “istituzionale” ad un tipo di scuola rispetto alle altre. Scelta che non ha precedenti e che induce a una riflessione: è giusto che la Provincia spinga i giovani verso un tipo di formazione puramente “tecnico” anziché distinguere i piani, in una logica che rischia di far passare il messaggio che “tanto studiare non serve?”. «Chi si iscrive al primo anno di una scuola professionale - assicura la Provincia - sa già che, al termine del proprio percorso formativo troverà una sorta di "via diretta" al lavoro».

Ma lo studio alla lunga premia

Ma la Provincia non dice che anche chi prosegue gli studi, sceglie il liceo e poi magari l’Università poi trova un lavoro. Forse ci mette un po’ di più, ma i benefici li recupera negli anni. Così almeno confermano gli studi più qualificati, le indagini post laurea dell’Ateneo trentino o testi specifici a questo dedicati (uno fra tutti: “Dieci domande su un mercato del lavoro in crisi” di Emilio Reyneri e Federica Pintaldi). Certo, l’Italia presenta da sempre un problema di domanda di lavoro più orientata verso le basse qualifiche e meno verso le alte rispetto al resto d’Europa. E il Trentino non fa eccezione. Su questo - al di là delle (discutibili) posizioni della giunta provinciale - tutti i protagonisti dell’economia trentina dovrebbero fare una profonda riflessione.













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