La Finanza indaga sull’acquisto del compostaggio di Campiello

L’impianto venne comprato dalla Provincia e poi chiuso, ma pochi mesi prima Piazza Dante aveva rinnovato l’autorizzazione per 15 anni. Ipotizzato un danno erariale di 9 milioni e mezzo


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Trema, e parecchio, la seconda giunta Dellai. La Guardia di Finanza e la Procura della Corte dei Conti stanno indagando sull’acquisto dell’impianto di biocompostaggio della Trentino Recycling di Campiello di Levico da parte della Provincia tramite Trentino Sviluppo. L’impianto ammorbava con puzza talvolta insopportabile l’intera zona di Levico. La Provincia, nel settembre 2008, non riuscendo a far rispettare le norme in materia di emissioni e di odori sgradevoli, preferì pagare 9 milioni e 460 mila euro per comprare l’impianto. Soldi buttati, secondo gli uomini del Nucleo di polizia Tributaria della Finanza, perché l’impianto pochi mesi dopo l’acquisto è stato chiuso, mentre la Provincia avrebbe dovuto obbligare il proprietario dell’impianto al rispetto della normativa e a dotarsi di capannoni stagni. La Finanza ipotizza un danno erariale per l’intera somma pagata da piazza Dante. Il danno viene ipotizzato anche perché pochi mesi prima dell’acquisto, la stessa Provincia aveva rinnovato l’autorizzazione, che scadeva il 31 dicembre 2007, alla Trentino Recycling per ben 15 anni. Già da tempo, però, la popolazione si lamentava della puzza insopportabile. Invece, la Provincia ha deciso l’acquisto dell’impianto nella seduta del 29 settembre 2008. C’erano le elezioni alle porte e bisognava dare una risposta rapida. Adesso, però, tutti i componenti di quella giunta rischiano di pagare molto cara quella decisione. La Finanza ha acquisito nei mesi scorsi tutta la documentazione sia in Provincia che nella sede di Trentino Sviluppo. L’inchiesta è coordinata dal Procuratore regionale della Corte dei Conti Paolo Evangelista.

La vicenda dell’impianto di biocompostaggio di Campiello aveva sollevato una vera e propria rivolta. Per farlo chiudere la Valsugana era entrata in rivolta. Erano stati organizzati cortei lumaca per rallentare il traffico e addirittura i manifestanti avevano portato sacchi di materiale maleodorante in piazza Dante per far sentire alla giunta provinciale la puzza prodotta dall’impianto di biocompostaggio. La giunta decise in quattro e quattr’otto l’acquisto dell’impianto per la non modica cifra di 8 milioni di euro. Cifra che, poi è salita a 9 milioni e 460 mila euro. L’impianto in sé è stato pagato 7 milioni e 60 mila euro, ma a questi sono stati aggiunti altri 2 milioni e 400 mila euro come risarcimento alla Trentino Recycling per la cessata attività. Procura della Corte dei Conti e Finanza, però, ipotizzano che si tratti soldi che potevano essere risparmiati. Tanto più che l’impianto è chiuso e inutilizzato dai primi mesi del 2009. L’inchiesta è partita da un esposto di cittadini e amministratori locali che segnalavano la stranezza del rinnovo dell’autorizzazione quando già erano evidenti i problemi provocati dall’impianto. Adesso sarà la Procura a decidere.

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