l’inchiesta

La diciassettenne gli manda foto osè, il maestro finisce nei guai

Un cinquantenne istruttore d’equitazione a processo per detenzione di materiale pedopornografico



TRENTO. Lei bella e giovane, lui atletico e piacente. Probabile, quindi, che fra i due potesse nascere qualcosa. Ma c’era un particolare tutt’altro che insignificante che non solo ha reso impossibile la loro storia d’amore, ma ha messo in grossi guai l’uomo: all’epoca dei fatti lei aveva circa 17 anni, e quindi era minorenne anche se certo mostrava più della sua età anagrafica, e lui di anni ne aveva una cinquantina.

Ma andiamo per ordine. Lui è insegnante di equitazione in una località turistica della nostra provincia dove lei, insieme a mamma e papà, arriva dalla Lombardia per trascorrere un periodo di vacanza. Siamo nel 2012 e tra i due nasce subito una simpatia che poi - stando almeno a quanto assicura il legale dell’uomo, l’avvocato arcense Andrea Tabarelli de Fatis - si trasforma in qualcosa di più importante, un sentimento reciproco che nulla ha a che vedere con circonvenzione o abusi. E così, la ragazza inizia a inviare foto intime sul telefonino del maestro di equitazione. «Non si tratta di immagini porno – spiega de Fatis – ma di foto che ritraggono la giovane seminuda. Foto che peraltro il mio assistito cancellava immediatamente. Per quanto impossibile potesse essere una relazione simile, il mio assistito era molto in coinvolto e aveva messo in gioco molto».

I messaggi vanno avanti dalla fine del 2012 fino al maggio del 2013 quando la madre della ragazza controlla il telefonino della figlia e scopre inorridita quanto sta accadendo.

Scatta immediata la denuncia nei confronti dell’uomo, accusato di detenzione di materiale pedopornografico perché, sul suo telefonino, sono state trovate alcune delle immagini della giovane, anch’ella vittima di un’infatuazione. Ieri, in tribunale a Trento, davanti al giudice Guglielmo Avolio, è iniziato il processo a carico del maestro di equitazione. Processo che è stato subito aggiornato al prossimo aprile, per l’audizione di alcuni testi, e in cui i genitori della giovane si sono costituiti parte civile con una richiesta di risarcimento di 20mila euro. «È una situazione paradossale – spiega de Fatis – perché il concetto di pedopornografia contempla qualsiasi immagine che ritragga un corpo nudo, anche se si trattasse di un ritratto ad acquerello. Paradossalmente – prosegue il legale – se i due avessero avuto dei rapporti consenzienti, l’uomo non avrebbe potuto essere perseguito dalla legge. Ma è finito a processo per quelle foto. Una situazione tanto assurda che anche il sostituto procuratore, nel corso dell’udienza preliminare davanti al Gup, aveva chiesto il “non luogo a procedere”. Sembra una storia da Santa Inquisizione».

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