La Cina e la piazza di Hong Kong «Non so come andrà a finire» 

Trento. Se provi a chiedere di Piazza Tienanmen a un cinese, è facile che quello ti guardi interdetto. Proprio qui, nella sala conferenze della fondazione della Caritro, la scorsa primavera chi...



Trento. Se provi a chiedere di Piazza Tienanmen a un cinese, è facile che quello ti guardi interdetto. Proprio qui, nella sala conferenze della fondazione della Caritro, la scorsa primavera chi scrive fece un tentativo con Hongbo Zhang, alias Paolo. Un ragazzo timido e istruito, uno che ha imparato l’italiano studiando canto lirico nel suo Paese, si è preso una laurea all’università di Trento e ora fa l’agente di viaggio in Alto Adige. Si parlava di turismo, allora - di come portare i cinesi sulle Dolomiti - ma la domanda era venuta spontanea. «Tienanmen è una pagina molto dolorosa, in Cina è stata completamente cancellata» aveva detto, abbassando gli occhi. «Ho saputo cosa fosse solo venendo qui». E subito aveva aggiunto: «Per la politica, io sto con l’Europa».

Per questo motivo la Cina, in un libro del 2014 scritto dalla giornalista americana Louisa Lim, è stata definita la Repubblica Popolare dell’Amnesia. Per questo, a trenta anni esatti di distanza, vale la pena ricordare. E a maggior ragione, visto quel che accade oggi a Hong Kong, serve provare a informarsi.

Ieri sera, per l’ultima delle loro conferenze di quest’anno, ci ha provato la Fondazione Caritro: invitando Ilaria Sala, un’italiana che scrive per giornali inglesi e americani, e a Hong Kong ci abita da ventidue anni.

«I trentini s’informino» dice. «Io non capisco come possano gli italiani essere così poco preoccupati per Huawei» aggiunge, a mo’ di esempio. Sala usa modi molto pacati e parla con voce esile, ma i suoi giudizi sono nettissimi. Critica il memorandum di intesa firmato quest’anno dall’Italia, quando il presidente cinese Xi Jinping è venuto a Roma: «Un accordo molto opaco, miope, fatto per vanità e a fini propagandistici. Da parte italiana dimostra una superficialità inquietante». E non si risparmia nemmeno con papa Francesco, che vorrebbe riconciliare la Chiesa con Pechino e accettare i vescovi nominati dal partito comunista: «Il papa o dimostra arroganza o è mal consigliato: guarda al comunismo cinese come a un movimento sudamericano».

Sala era a Pechino nell’89, racconta dell’afflato di libertà che aveva percorso il Paese, di come finì con i carri armati a schiacciare le persone in piazza Tienanmen. Ora, nel 2019 segue con preoccupazione la crisi di Hong Kong. «Come andrà a finire, non lo so». Quel che è sicuro è che, per ora, i trentini sembrano distratti. Ieri sera la sala era mezza vuota: 25 persone, trenta al massimo. J.S.













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