L’ultimo «no» di Pacher «Non sarò io il leader»

A vuoto i tentativi in extremis di convincerlo, compreso quello di Dellai Il presidente uscente: «Non pongo condizioni, farei una violenza a me stesso»


di Chiara Bert


TRENTO. «Ho passato la mia vita a fare quello che teneva insieme le cose. Ora basta, le cose possono stare insieme da sè». Così Alberto Pacher nel giorno in cui ha ripetuto per due volte il suo no alla ricandidatura, prima al segretario del Pd Michele Nicoletti, poi all’ex governatore Lorenzo Dellai: «Non sarò io il leader del centrosinistra a ottobre».

Presidente, com’è andato l’incontro con Nicoletti?

Ho ribadito le ragioni della mia scelta che sono contenute nella mia lettera di ottobre. Da allora non è cambiato nulla. Sia a livello nazionale che locale le criticità che avevo evidenziato sono rimaste. La mia intenzione è di farmi un po’ in disparte.

C’è qualcosa che avrebbe potuto farle cambiare idea?

Qualcuno mi ha detto che ha colto le ragioni della mia scelta ma che le ragioni politiche si possono superare. Io non credo. In questo momento c’è un profondo deficit di discussione nel Pd. Io non pongo condizioni politiche per il rientro. Dico che di fronte a questa situazione, sento che farei una violenza a me stesso. Le tantissime persone che mi hanno espresso rammarico e mi hanno invitato a ripensarci, lo hanno fatto perché apprezzano il mio modo di vivere e interpretare la politica. Oggi io non sono certo che riuscirei a viverla e interpretarla nel modo in cui so farlo, e quindi non sarei onesto verso di loro oltre che verso me stesso.

La discussione di questi giorni dentro il Pd, e le contrapposizioni su candidature e primarie, hanno rafforzato la sua convinzione?

No, non è cambiato niente. Io individuo come un deficit l’incapacità di questo partito di discutere seriamente di politica al proprio interno. Non è una questione di nomi e candidature, ci sono nomi e candidature buoni e adesso se la giocheranno.

Lei darà un’indicazione? Ha consigliato al suo partito la strada da intraprendere?

Le sembro nella condizione di consigliare? No, io ho semplicemente detto che in questa partita non ci sono perché non mi sento a casa.

Pensa che la coalizione riuscirà a gestire il dopo-Pacher senza lacerazioni?

Le coalizioni non dipendono mai da una persona, e se fosse così sarebbe preoccupante. Dipendono da un disegno politico. La coalizione avrà le forze e la capacità di trovare al proprio interno una sintesi su un altro nome.

Che cosa le ha detto Dellai?

Ha molto insistito perché ritornassi sulle mie decisioni. E io gli ho risposto le stesse cose che ho detto agli altri. Dopodiché devo dire una cosa. Io ho scritto una lettera al mio partito sette mesi fa, dicendo: vi comunico adesso la mia decisione, un anno prima delle elezioni, perché non voglio che si creino troppe attese. Trovo singolare che di questo non si sia più parlato, come se quella lettera non ci fosse mai stata, si discuta come se la scelta fosse un mio sghiribizzo di oggi.

Sta dicendo che ci sarebbero stati gli spazi per farle cambiare idea?

Non faccio la storia con i “se”. Le cose sono andate come sono andate. Ho passato tanti anni a fare la parte di quello che tiene insieme le cose, è stata la mia mission e la mia caratteristica. Ore le cose possono stare insieme da sè, senza di me. O almeno è quello che spero.













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