L’ombra della camorra su un appalto A22

Accertamenti della polizia sulla gara per le barriere antirumore vinta con un ribasso del 40% da una ditta di Napoli


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Altro che isola felice, l’ombra della criminalità organizzata si allunga sugli appalti pubblici in Trentino. Un’ombra che desta molte preoccupazioni se si tiene conto delle opere pubbliche che stanno per essere messe in cantiere, a partire dal nuovo ospedale (Not) che da solo vale centinaia di milioni, con uno sciame di subappalti che sarà difficile da controllare. La polizia sta conducendo accertamenti su una gara indetta dall’A22 per la realizzazione di barriere antirumore da realizzare nel comune di Bussolengo vinta, lo scorso 1 dicembre 2012, con un maxiribasso del 40 per cento da un’azienda, la P.T.A.M. costruzioni srl con sede a Castellammare di Stabia, che avrebbe stretti legami con la camorra. La società, che fa capo alla famiglia Vuolo, è al centro di diverse indagini in tutta Italia. E’ bene farlo notare, la P.T.A.M., che concorreva in Ati con un’altra azienda, si è aggiudicata l’appalto riuscendo a praticare il prezzo più basso. La base d’asta era di 5.420.326,86 euro e la cordata vincitrice si è aggiudicato il lavoro per 4 barriere fonoassorbenti a 3.550.207.39 euro. Un ribasso di quasi due milioni di euro. Quello che gli investigatori della polizia di Trento vogliono verificare è se dietro questo maxisconto ci sia un tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata in Trentino.

Ma, per capire l’origine delle preoccupazioni, si deve capire cos’è la P.T.A.M. Costruzioni srl. Intanto si parte dall sigla che indica quattro nomi di battesimo: Pasquale, Taddeo, Antonio e Mario. Quest’ultimo è il capofamiglia e gli altri sono i suoi tre figli. Facendo una visura in Camera di Commercio si vede che l’amministratore unico della società è la mamma dei quattro fratelli, Giuseppina Cardone, moglie di Mario Vuolo, conosciuto come il re del ferro a Napoli.

La P.T.A.M. non è che l’ultima erede di una serie di società che facevano sempre riferimento alla famiglia Vuolo e avevano in comune lo stesso indirizzo, una strada di Castellammare di Stabia. La famiglia Vuolo è sospettata di avere stretti legami con il clan D’Alessandro ed è finita sotto inchiesta per alcuni crolli di pensiline e ponti ciclopedonali realizzati sulle autostrade di mezza Italia. Gli uffici della società sono stati perquisiti dalla Dia di Firenze lo scorso dicembre in seguito al crollo di alcuni pannelli al casello di Rosignano, sull’A12. A parte il capostipite Mario, la figura più importante della famiglia Vuolo è Pasquale, detto anche «capa storta». Venne arrestato nel 2003 per associazione mafiosa. Venne condannato a 13 anni di reclusione. Sua moglie, Lucia Coppola, è figlia di Gaetano Coppola, detto «cassa mutua», figura di spicco del clan D’Alessandro. I legami della famiglia con uno dei clan camorristici più spietato dell’hinterland napoletano, vengono sanciti da una sentenza del Consiglio di Stato che era chiamata a decidere sul diniego del certificato antimafia a una società della galassia Vuolo, la Carpenteria metallica sas. Il Consiglio di Stato, con sentenza 756 del 2008, è chiaro: «Gli accertamenti non si limitano ad evidenziare rapporti di parentela tra soci della società appellante e persone legate alla criminalità organizzata, ma mettono in rilievo anche un intreccio tra la società, i suoi soci e altre società in precedenza fallite e legate alle stesse famiglie».

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