L'Itea si apre ai padri divorziati

Emendamento dell'assessore Rossi: in graduatoria anche se sono proprietari


Robert Tosin


TRENTO. E' ufficialmente catalogata come una delle nuove povertà e colpisce i padri separati. Tanto che da pochissimo gli enti pubblici si trovano costretti ad affrontare situazioni sempre più numerose e sempre più complesse di genitori finiti sul lastrico per colpa di un matrimonio sbagliato. Accanto alle associazioni di assistenza e volontariato ora c'è anche l'ente pubblico. La proposta arriva dall'assessore Ugo Rossi che ha redatto un emendamento atteso in aula per domani. Nella proposta che viene girata al consiglio provinciale si ipotizza la possibilità di accedere alle graduatorie Itea senza la zavorra di un patrimonio che non è più in possesso del padre in quanto ceduto a moglie e figli.

Nella maggior parte dei casi di fronte ad una separazione l'alloggio di famiglia viene assegnato alla madre e ai figli, estromettendo il padre dalla proprietà di fatto ma non per la burocrazia. La quale considera comunque l'uomo proprietario di un alloggio e non gli concede dunque il diritto di chiederne uno pubblico. Questo aspetto è devastante per le finanze personali, perché significa dover accedere al mercato immobiliare con i prezzi assurdi che tutti quanti conosciamo. Non solo gli acquisti, ma anche l'affitto spesso è proibitivo, soprattutto per chi con il suo stipendio deve anche mantenere la famiglia "separata".

Accanto alle proposte dell'associazionismo, alle soluzioni temporanee delle "case dei padri", ai servizi del consultorio, l'assessorato alle politiche sociali ha trovato il modo per offrire una mano a chi si trova in situazioni così drammatiche. Se l'emendamento verrà votato - e i presupposti ci sono tutti - il padre che ha dovuto "cedere" il proprio appartamento potrà fare richiesta all'Itea che terrà conto della situazione. Praticamente quell'alloggio non verrà ritenuto ostativo ad un accesso alle graduatorie. Si tratta di una boccata d'ossigeno non indifferente e quanto mai urgente è parsa all'assessore Rossi la necessità di un provvedimento in questo senso.

Il fallimento dei matrimoni, anche in Trentino, ha raggiunto numeri piuttosto alti, provocando fratture sociali di ampia portata con problemi conseguenti che si riversano, direttamente o indirettamente, anche sulla comunità. Basti pensare che solo nella provincia di Trento i divorzi o le separazioni sono poco meno di 500 all'anno e nel 71% dei casi l'abitazione viene affidata alla moglie (e ai figli). La pressione di questa nuova realtà sta diventando un fenomeno sociale di cui si stanno occupando i sociologi e le storie diventano pure fiction televisive.

I dati diffusi a livello nazionale sono preoccupanti: si stima che il 25% dei frequentatori delle mense dei poveri sia costituito da separati o divorziati e l'80 per cento di questi sono padri obbligati a versare l'assegno di mantenimento a moglie e figli. Il divorzio è un lusso, costa moltissimo e non solo in termini di sofferenza personale. Gli obblighi economici a cui sono sottoposti le parti, molto spesso i padri, sono quasi sempre insostenibili: con uno stipendio, magari misero, si deve assicurare il mantenimento alla famiglia e riservare qualcosa per sé. E in tanti casi non basta, costringendo ad una vita da clochard. La politica sociale deve quindi fare fronte a questa nuova emergenza con nuovi strumenti.













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