«L’Italia va cambiata Il sì alla riforma è un primo passo»

Il presidente di Confindustria: «Renzi può stare antipatico ma oggi in gioco c’è la possibilità di migliorare il sistema»


di Chiara Bert


TRENTO. «Può starti antipatico Renzi, il governo, il sistema. Ma questa riforma il sistema può aiutare a cambiarlo, è un primo passo». Giulio Bonazzi, presidente degli industriali trentini, dichiara il suo «sì» convinto al referendum costituzionale del 4 dicembre.

Presidente Bonazzi, come motiva la sua scelta?

Voto sì perché questa non è la riforma ideale ma è un passo in avanti e non marginale. Se continuiamo a dire di no a tutto, continueremo con il sistema attuale e non andremo da nessuna parte. Il mondo cambia, ne abbiamo avuto una conferma anche con il voto negli Stati Uniti, e dobbiamo imparare anche noi ad adeguarci.

Un sì solo per non fermare un processo di riforma? O anche nel merito?

Io penso sia un primo passo, la riforma poi potrà anche essere migliorata ma già ci sono delle cose buone al suo interno. La prima è il superamento del bicameralismo perfetto: abbiamo leggi che aspettano per anni in parlamento, rimbalzando tra Camera e Senato. Ci lamentiamo che i decreti d’urgenza e i voti di fiducia bloccano il processo democratico del parlamento, ma allora facciamo in modo che le Camere in un tempo ragionevole debbano decidere. Avere una Camera sola che decide semplifica il sistema e ci mette al passo con gli altri Paesi. L’altro elemento positivo è la riduzione dei parlamentari, che non risolve il problema dei costi del nostro sistema, ma è un messaggio che si dà al resto dell’apparato pubblico del Paese.

In Trentino si discute molto di quanto la riforma tuteli la nostra autonomia. Lei che idea si è fatto?

Direi che si entra in un quadro di maggiore certezza rispetto al quadro incerto di oggi, dove la nostra situazione potrebbe cambiare in qualsiasi momento.

La riforma torna però ad accentrare le competenze allo Stato, non è un passo indietro rispetto alla prospettiva federalista?

Riportare al governo centrale alcune competenze va bene, il modo in cui sono gestite oggi è inefficiente. Che ogni Regione avesse il suo ufficio a Bruxelles e facesse la propria politica di promozione turistica era sbagliato. E questa riforma dà più possibilità ai governi locali virtuosi.

Lei viaggia molto all’estero. Come si osserva da fuori questo passaggio?

Sicuramente il resto del mondo, soprattutto in Europa, si attende che l’Italia faccia le riforme, prima ancora di entrare nel merito. Il nostro debito e la nostra bassa crescita sono un problema. E quando mi chiedono che cosa cambierebbe con la riforma, alla risposta non si meravigliano dei contenuti, ma del sistema attuale: nessun sistema al mondo ha i nostri parlamentari, ne abbiamo più a Roma che a Washington, nessuno ha il bicameralismo paritario, un sistema con Regioni, Province, Comuni, circoscrizioni, dove decidere è estremamente difficile.

Una delle accuse alla riforma è che chi governa avrà troppi poteri, per qualcuno sono addirittura a rischio le basi del sistema democratico.

Da trent’anni, chiunque sia andato al governo, centrosinistra o centrodestra, tutti si sono lamentati che il governo non poteva decidere. E lo stesso, ne sono convinto, succederebbe se a governare fossero i 5 Stelle. Per questo sono a favore del premio di maggioranza nella legge elettorale: è giusto che chi governa lo faccia per 5 anni, se è bravo viene rieletto, sennò va a casa. I contrappesi ci sono: il Senato avrà un suo peso, così come la Corte Costituzionale. Chi dice che la democrazia è a rischio, dice una cosa non vera. Tanto più detto da chi oggi è per il no ma questa riforma prima l’ha votata, o da chi ne avrebbe voluta una ancora più incisiva.

Sta dicendo che il no è un no politico contro il governo?

Sì, mi sembra un no molto più orientato contro Renzi che non contro la riforma. Purtroppo Renzi ha personalizzato questo referendum e ora si ritrova contro tutti coloro che vogliono mandarlo a casa, senza considerare le conseguenze. L’obiettivo è: faccio cadere il governo. Ma con queste regole chi lo sostituirà si ritroverà con gli stessi problemi. È ora di rompere questo circolo vizioso.

Da imprenditore teme ripercussioni in caso di una vittoria del no?

È difficile prevedere. Ma con questo quadro di incertezza, l’economia che non tira, la Brexit, le incognite negli Stati Uniti, la guerra in Medioriente e il problema dell’immigrazione, non vedo molte alternative al governo attuale. Non abbiamo bisogno di altre incertezze. Cosa potrebbe succedere? Che cade il governo e se ne fa un altro simile rimescolando un po’ le carte, come ai tempi del pentapartito, oppure si va ad elezioni con gli stessi problemi il giorno dopo. Guardiamo la Spagna che è rimasta senza governo per anni. Con il Pil che non cresce, non possiamo permetterci di andare avanti altri anni vivacchiando.

C’è un filo rosso tra la Brexit e la vittoria di Trump?

Sono voti che hanno mobilitato una popolazione scontenta, è un vento che soffia anche in Italia dove crescono prima la Lega, adesso i 5 Stelle, movimenti che tengono insieme classi sociali diverse accomunate dallo scontento. Io dico che stare senza Unione europea e senza euro non migliora la situazione di chi sta peggio. Se c’è una svalutazione, chi è ricco diventa meno ricco ma chi è povero diventa più povero. Dalla globalizzazione non si torna indietro, chiudersi in se stessi non è la soluzione. Forse ci possono provare gli Stati Uniti che hanno 300 milioni di abitanti, non certo l’Italia con 60 milioni di abitanti e senza materie prime.

È lo stesso scontento che avvantaggia il no al referendum?

Quando parlo con chi sostiene il no, ho l’impressione che sia un voto di protesta di persone arrabbiate, ed è un peccato.

La campagna referendaria resta una campagna dei partiti. Anche voi sembrate defilati. Questo non allontana un dibattito sul merito?

Mi sembra che da parte delle categorie economiche ci sia un orientamento univoco per il sì. Ma noi siamo una minoranza. E comunque anche tra noi c’è chi dice: forse meglio non dirlo troppo, rischia di produrre l’effetto contrario.

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