«L’Intercity è tranquillo, non è il Bronx»

Operatori e residenti d’accordo: tra i giovani e i bambini c’è amicizia e solidarietà. Il rogo di sabato è un episodio anomalo


di Giuliano Lott


ROVERETO. A vederli giocare insieme, tutti questi bambini con tratti somatici diversissimi sembrano brillare di un’energia speciale. Loro, i figli delle famiglie che vivono al condominio Intercity, quella serenità con cui corrono dietro a un pallone, se la sono conquistata proprio qui, sull’assolato cortile stretto tra i grandi padiglioni dell’Intercity, dove vivono oltre 200 famiglie, in gran parte di origine straniera. Qui i bambini hanno imparato a conoscersi, frequentandosi, giocando insieme sotto casa, mentre le madri cucinano con le finestre aperte lasciando spandere nella calura estiva gli effluvi di pietanze differenti, a seconda della provenienza.

«Qui vivono a stretto contatto una quindicina di etnie diverse» spiega Fabrizio, uno degli operatori dell’associazione Ubalda Girella, che segue i ragazzi del quartiere. «Ma l’ambiente, pure caratterizzato da una forte multietnicità, non è affatto il Bronx che si dice. I ragazzi e i bambini convivono in tranquillità, anzi imparano presto a rapportarsi con la diversità, con culture diverse dalla loro e maturano una tolleranza particolare. Certo, c’è quello più simpatico e quello meno, non manca qualche bulletto, ma è quello che capita in tutti i quartieri, da sempre. Anche in quelli popolati da soli trentini».

Non è che tutte le oltre duecento famiglie che abitano nel maxicondominio gomito a gomito godano di rapporti di vicinato esemplari, ci sono però molti nuclei che si sono avvicinati, hanno fatto amicizia. «Il vero problema dell’Intercity - spiega il presidente dell’Itea Aida Ruffini - è la concentrazione in un’area piuttosto ristretta di circa 7-800 persone. Ci sono delle criticità che conosciamo bene, ma ormai il quartiere è ben servito. Non è un ghetto, per essere chiari. Ci sono bar, supermercato, farmacia, uffici, scuole e asili vicini. Manca un’area verde? E’ vero, ma nelle immediate vicinanze c’è il parco del Brione, frequentatissimo dalle famiglie dell’Intercity, bambini inclusi. Tra le varie concentrazioni abitative della città non è tra quelle che soffrono i problemi più gravi».

Anche l’Itea, titolare di 124 appartamenti all’Intercity, ha svolto un lavoro particolare sul quartiere. «Sappiamo che qui vivono persone di etnia differente, ma il loro livello di integrazione è buono. Abbiamo creato anche delle occasioni di festa, per spingere la gente a incontrarsi, a fare breccia nei rispettivi pregiudizi e devo dire che abbiamo avuto ottimi risultati. Il quartiere resta monitorato con costanza grazie alla convenzione che abbiamo avviato con l’associazione Girella, e proprio per questo posso dire che non rileviamo alcuna emergenza rispetto alle normali criticità di un qualsiasi quartiere popoloso».

L’incendio dell’auto di Alija Hamdi, alla presidente Itea pare più «da riferirsi a qualche questione personale, o comunque a un’iniziativa isolata, non certo a conflittualità ingenerate da un ipotetico “clima difficile”, che nei fatti non esiste».

I bambini giocano senza problemi anche attorno all’area dell’incendio di sabato sera. Non sembrano affatto preoccupati. Ma gli adulti, un po’ più guardinghi, lo sono diventati. «Ci teniamo anche noi, al nostro quartiere. Non ci piace che succedano queste cose qui, sotto casa nostra. Speriamo che chi ha sbagliato venga trovato e punito» soggiunge un residente con la pelle scura. «Chi è stato? Chi lo sa? Ma è qualcuno che non ha abbastanza coraggio per dire le cose in faccia».

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