L’accusa del comitato: «Acciaieria, ecco le prove del disastro ambientale»

L’avvocato Giuliano e il Comitato 26 gennaio denunciano: «La biopsia su tessuti di due malate di tumore dimostra la presenza di particelle di ferro, cromo e nichel»


di Sandra Mattei


TRENTO. Tornano alla carica il Comitato 26 gennaio e l’avvocato Mario Giuliano, sui dati dell’inquinamento delle Acciaierie di Borgo. Ed annunciano, forti di due biopsie che sono state svolte su campioni biologici di altrettante malate di Linfoma Hodgkin e Non Hodgkin che avrebbero dato la prova certa della presenza di particolato con composizione chimica che non può non essere riconducibile al processo di fusione dell’acciaio, la denuncia dell’Acciaieria per disastro ambientale.

L’annuncio è stato dato in un incontro con la stampa, alla presenza dell’avvocato Giuliano, paladino della sua battaglia contro l’inquinamento della fabbrica di Dario e Luigi Leali, attualmente in concordato preventivo per la procedura di fallimento e passata di mano alla multinazionale svizzera Klesch. «Visto che c’è una nuova proprietà - ha affermato Giuliano - il rischio è che non ci sia più nessuno che paghi i danni. Non solo, il processo contro Leali per emissioni moleste si è concluso con il pagamento di un’oblazione di 50 mila euro, contro cui faremo ricorso».

Ma i danni, per il Comitato 26 gennaio, ieri rappresentato da Laura Zanetti e dal suo vicepresidente Sara Sartori (una delle due donne malate a cui si riferiscono gli esami), supportato dal contributo tecnico di Roberto Cappelletti, presidente dei Medici per l’ambiente, ci sono. Eccome. E lo dimostrano le due biopsie, presentate con tabelle dove si evidenziano la presenza di nanoparticelle che per dimensione, composizione chimica e forma sono da ricondurre al processo di fusione dell’acciaio.

«Noi diamo il supporto tecnico - ha esordito Roberto Cappelletti - a chi si batte per la difesa della salute in un momento dove questo tema sembra un atto sovversivo. La Provincia sostiene che i filtri hanno abbattuto l’emissione di diossina dai camini, ma l’emissione maggiore è quella diffusa, che è 10 volte maggiore di quella dei camini. Noi sosteniamo che la Provincia ha due alternative: o si contengono le emissioni con un isolamento serio della fabbrica o si converte la produzione».

Ma per venire alla prova che le sostanze cancerogene trovate nei tessuti delle donne malate, provengono dalle emissioni dell’Acciaieria, i presenti si sono avvalsi del contributo del dottor Stefano Montanari, specializzato con la moglie Antonietta Gatti di nanodiagnostica. Le analisi su due donne, la prima è Sara Sartori, malata e guarita da un linfoma Hodgkin, presente ieri alla conferenza stampa e la seconda, Daniela Zanetti, morta a soli 34 anni per Linfoma non Hodgkin, dimostrano la presenza di nanoparticelle cancerogene. Montanari, collegato via video, non ha dubbi: «I danni del particolato ultrafine sull’organismo umano - ha detto - sono accertati. I corpi estranei vengono assorbiti in 60 secondi dal sangue e in 60 minuti vanno in tutti gli organi, provocando malattie cardiocircolatorie, del sangue e neurologiche. Nelle biopsie è chiaro che le particelle, per la forma sferica e la composizione di ferro, cromo e nichel, provengono dalla fusione dell’acciaio. Quindi è certo che la malattia è stata provocata dalla presenza di un’acciaieria. Potrebbe essere un’altra fabbrica? Ma le due signore sono sempre vissute in Valsugana». Ora il Comitato è in attesa di analizzare la presenza di diossina nel sangue di altri 5-6 campioni di malati in Valsugana. Ma, denuncia Laura Zanetti «troviamo molta difficoltà a farci consegnare i campioni biologici dall’Azienda sanitaria».

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