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«Io e Michela, moglie e moglie: siamo le due metà della mela»

Dalla scoperta dell’omosessualità all’Unione civile. «Saremo orgogliosamente al Dolomiti Pride»


Daniele Peretti


TRENTO. Galeotto fu quel pacco di pasta che Sandra Gazzini stava promuovendo in un centro commerciale lagarino; fu così che incontrò una ragazza con la quale si scambiarono il numero di telefono col reciproco invito di andare a prendere un caffè. «Decisamente fu molto onesta perché mi disse subito che lei era già impegnata, ma che all’appuntamento avrebbe portato una sua amica: fu così che incontrai Michela per una storia d’amore che dura ormai da tredici anni».

Sandra Gazzini cinquantenne - «ci tengo a dire la mia età perché mezzo secolo di vita non è poco» - è nata a Trento e dopo il diploma al Liceo Linguistico frequenta, ma non conclude il Conservatorio con indirizzo Canto Lirico, ma la sua passione è sempre stata quella di guidare. Attualmente mulettista, prima autista di camion ed anche groom. «Sono stati sei mesi molto belli, peccato solo che fossero sotto pagati e così ho abbandonato. Accudivo sei cavalli in allevamento, poi li caricavo sul camion adibito al trasporto cavalli e li portavo negli ippodromi. Il mio datore di lavoro preferiva groom donne perché diceva che abbiamo una diversa sensibilità rispetto agli uomini ed in effetti ero riuscita ad avere un rapporto di reciproca comprensione con i cavalli, sia i puledri che gli adulti».

Quando ha iniziato a prendere coscienza della sua sessualità?

Sui vent’anni. Andai a trovare mia sorella che studiava a Bologna e con dei suoi amici andammo al Cassero di Porta Saragozza, noto locale di riferimento per la comunità gay, e mi si aprì un nuovo mondo. Mi sentivo a mio agio e la conferma l’ebbi in altri locali Lgbt a Vienna. Mi trasferii a Bologna per lavoro ed iniziai a frequentare questo tipo di locali.

Locali che a Trento non c’erano?

In quegli anni no. C’era una discoteca dalle parti di Nomi, ma l’ambiente era molto chiuso.

Prima di diventare omosessuale aveva avuto rapporti etero?

Certo, ma se sono diventata lesbica è perché quei rapporti non mi appagavano del tutto, non mi sentivo me stessa. Tutto è cambiato quando ho cominciato a frequentare le donne e poi quando ho incontrato Michela Papette mi si è aperto un altro mondo. Ha trovato la chiave per aprirmi il cuore facendomi sentire realizzata e felice.

La sua famiglia come ha reagito al suo cambiamento di orientamento sessuale?

Prima di tutto fino a quando non ho incontrato la donna giusta, le altre non le ho fatte conoscere ai miei parenti. Per l’uomo è diverso, presentare la propria ragazza è come portare un trofeo, per me invece è un fatto molto intimo. Che ero lesbica oltre a mia sorella con la quale ne avevo parlato, lo sapeva solo mio padre, ma non l’ho mai detto a mia madre.

Perché?

Allora era molto malata e non avevo idea come avrebbe reagito. Per evitare problemi ho preferito non dirle nulla, poi purtroppo è morta senza darmi il tempo di parlarle.

Problemi nell’ambiente di lavoro?

Non vado a sbandierare la mia vita privata: sono fatti miei. Quando vado a fare un colloquio di lavoro non devo dichiarare i miei orientamenti sessuali e così se si viene a sapere è in modo accidentale, ma nessuno ha mai avuto da ridire.

Nella telefonata con cui abbiamo concordato l’intervista, mi ha detto che avrebbe dovuto parlarne con sua moglie. Come vi siete accordate sui ruoli?

Ecco che prende forma lo stereotipo etero. Perché ci dev’essere obbligatoriamente un marito ed una moglie? E non invece due mogli? Con Michela ci piace definirci l’altra metà della mela, perché siamo due parti uguali dello stesso insieme. Pensiamo che ruoli più equilibrati portino ad una migliore qualità della vita di coppia. Siamo interscambiabili nei ruoli casalinghi come penso dovrebbe essere anche nelle coppie etero.

Avete ufficializzato il vostro amore con l’Unione Civile.

Per la quale abbiamo dovuto aspettare che venisse attuata la legge Cirinnà.

Avrete figli?

Ne abbiamo parlato a lungo, ma Michela non se la sente di affrontare un percorso di genitorialità. Al contrario a me sarebbe piaciuto, ma abbiamo preso una decisione condivisa della quale siamo convinte che non cambia assolutamente il nostro rapporto: alla fine ha prevalso una scelta di cuore. Non andrò a cercare altrove ciò che non posso avere in famiglia, perché la vita a due ci appaga. Forse se alle coppie omosessuali fosse concessa l’adozione, la nostra scelta sarebbe potuta essere un’altra. Invece avendo solo la possibilità dell’inseminazione artificiale, abbiamo detto no. Però diverremo zie di figli di altre coppie che non hanno fatto la nostra stessa scelta. Le aiuteremo a crescerli e se necessario faremo anche le baby sitter.

Fatto il viaggio di nozze?

Certamente, quasi un mese negli Stati Uniti. Abbiamo visitato la costa Est, Toronto, Boston, Orlando, New York e Washington dove abbiamo incontrato delle amiche che ci hanno accompagnate a visitare i luoghi che avevamo scelto. È stato bellissimo ed abbiamo davvero tanti ricordi.

Uno in particolare?

Le facce sorridenti che sembravano dire “siamo contenti per voi” di chi incontravamo dicendogli che eravamo in viaggio di nozze

Progetti di vita di coppia?

Tanti. Prima di tutto viaggiare; poi comprare casa anche se pandemia, guerra e accidenti vari rendono la vita di gente comune come siamo io e Michela, estremamente difficile, ma ce la faremo. Poi la musica e sviluppare tutti quegli interessi comuni che abbiamo. Passioni che vivere insieme non fa altro che rafforzare la coppia.

Giugno è il mese dei Gay Pride, un vostro ricordo?

2019 quando eravamo al Gay Pride a New York sulla Fifth Avenue a marciare e rappresentare la nostra piccola associazione Arcigay del Trentino insieme a tutte le altre del mondo lgbtqia+. E questo giugno si corona per la seconda volta l'organizzazione di un grande evento per la nostra città di Trento che sarà il Dolomiti Pride. Ci teniamo a questo momento come coppia perché serve anche per rivendicare gli stessi diritti per tutte le famiglie, tutte veramente.













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