«Io amo le sfide oggi l’alpinismo è di plastica»

Ieri il compleanno del Re degli Ottomila «Daniza? Forse in Trentino ci sono troppi orsi»


di Paolo Campostrini


CASTEL JUWAL. «Mi sono messo a guardare le Odle col binocolo. Ci sono cento vie...». Quelle che lei ha tutte scalato, no? «Quelle che ho fatto da ragazzo.. Beh, sa che le dico? Non ho visto nessuno che le saliva. Nessuno. Probabilmente gli alpinisti erano tutti in palestra. Si allenano sulla plastica oggi». Scusi Messner ma tutto cambia. E' cambiata anche la Svp, ricorda che guerre? «Come no. Ma la Svp è cambiata in meglio, invece l'alpinismo sta prendendo una brutta strada. Io sceglievo tra possibile e impossibile. Questi scelgono il tempo, l'altezza, la stagione, gli appigli. La Svp è invece passata da Magnago che voleva che portassi la bandiera del Sudtirolo anche sull'Everest e io che gli rispondevo che la mia bandiera è il mio fazzoletto... a Durnwalder. Con lui è cambiata l'aria. Ha voluto essere il Landeshauptmann di tutti. E ora Kompatscher, col quale è ancora un'altra musica». Ecco il Reinhold glorioso. Dai furiosi anni Settanta ai suoi 70 anni che ha compiuto ieri. Lui è cambiato un po’, Il mondo molto. Il suo mondo ancora di più.

La nuova musica Svp qual è?

"Sta continuando l'operazione Durnwalder. Cioè cercare di governare decentemente. Il triumvirato di oggi è buono..."

Quale triumvirato?

"Allora: c'è Kompatscher che pensa a governare la provincia, Achammer il partito e Zeller pensa a Roma e a trattare col governo. Si sono divisi il lavoro. Con risultati apprezzabili".

Dunque la Svp non rischia più?

"Rischia solo se Roma attacca l'autonomia. Se toglie competenze e denaro e svuota l'amministrazione sul territorio. Allora le destra possono rialzare la testa. Spero in Renzi".

Ma Messner è stato a lungo un bersaglio della Svp...

"Anche un potenziale alleato da coinvolgere, se per quello. E quando hanno visto che non potevano usarmi come rappresentante del loro Sudtirolo e del loro partito sono iniziati gli attacchi. Ma era la Svp di Magnago. Ricordate cosa diceva di me? Meglio che parli solo di montagna quello... forse metà dei sudtirolesi oggi la pensa ancora così, ma devo dire che nel partito molto è cambiato da quando volevano impormi di piantare la bandiera biancorossa sull'Everest".

E allora, dopo gli attacchi, comparve Langer. E nacque il vostro rapporto.

"Si è fatto avanti quando ero sotto tiro. Era rimasto impressionato dalla mia libertà di pensiero. Ero anche nel mirino del “Dolomiten”. Così diventammo amici. Anche se in fondo io sono più liberale che verde...".

Adesso a Langer hanno dedicato una scuola...

"Finalmente! Lui era sempre stato molto avanti, forse troppo.Per questo è così amato dai giovani anche oggi."

E hanno anche salvato il monumento, oggi. E si preparano a salvare anche Piffrader. Tempi nuovissimi, no?

"Se posso permettermi, merito di Durnwalder. E' stato lui dopo gli anni duri di Magnago a tranquillizzare la popolazione, a smussare i contrasti. E in questo caso, a preparare il terreno per il museo. Che mi dicono molto bello. Ed è giusto fare lo stesso col bassorilievo e dire che, come Piffrader, tanti artisti sudtirolesi si erano messi in fila per lavorare a imprese mussoliniane. Così come serve raccontare la storia dai due lati e smettere di leggerla solo nei testi dei tedeschi e degli italiani. Ma farlo insieme, comprendendo i rispettivi torti e ragioni".

Pericoli finiti?

"Magari. La destra tedesca è sempre lì, viva e pronta a salire. Serve che qui si pacifichi e che a Roma non si attacchino le nostre risorse. Ma la Svp vigila, mi pare...".

E l'alpinismo, corre pericoli?

"Non lo so, so che oggi è un'altra cosa rispetto al mio. Oggi è uno sport. Si fa nelle palestre e non sulle rocce. Il mio era alpinismo della rinuncia. Imparavo a poco a poco a tralasciare aiuti, chiodi, sherpa, ossigeno. Sull'Everest ero solo io. Oggi viene prima il telefonino".

E l'Everest?

"E' una pista. Ci sono 500 sherpa sempre pronti. Sembra una ferrata. Però non mi metto a criticare come un reduce. Osservo. Oggi è alpinismo delle cifre: quanto veloci, in quanto tempo, quale temperatura. A me interessava il possibile e l'impossibile. C'erano solo due parametri. Oggi anche nell'11° grado vedi gli appigli, sono segnati. Io la mia via dovevo cercarmela".

Nostalgia?

"Ieri è solo biografia".

Rimpianti?

"Non servono. Serve responsabilità rispetto all'esperienza. I miei musei, ad esempio, sono un manifesto. Servono anche al turismo perchè mettono nel conto la possibilità di fornire ai visitatori una base culturale sul rapporto uomo-montagna, sul senso del camminare e non solo del consumare. Una storia di tutti, non etnica non tirolocentrica”.

Ancora tante?

"E certo. Ma diverse da prima. Mi servono per non chiedere l'elemosina per il mio sesto museo. Per non dover chiedere nulla alla Svp, ad esempio".

A propostito di uomo-montagna, ha visto l'orsa?

"Non c'ero lì, non giudico quei fatti. E' un peccato ma forse in quell'habitat ci sono troppi orsi. Gli equilibri sono delicati e non si può fare il gioco: o noi o loro. Ragioniamo sul numero e le compatibilità. Sulla grandezza del territorio e i suoi limiti di convivenza".

E domani, che farà Messner?

"Un museo? No, forse basta. Non vorrei fossero troppi anche quelli. Ma penso di raccontare la montagna".

In un libro?

"No, in un film"













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