Industrial, gallina in fuga dalla gabbia di allevamento

La storia di un animale destinato al macello, riuscito per caso a scappare e approdato alla vita vera, ma senza nessuna preparazione



PONTE ARCHE. La storia risale ad un paio di anni fa, ma vale la pena di essere raccontata lo stesso. La riferisce sulle pagine di Questotrentino, Ugo Bosetti, che ha assistito allo strano caso di «Industrial, che provò a diventare gallina». «Una novella pirandelliana», come la definisce Ugo Bosetti, nel senso che la gallina in questione, soprannominata Industrial da Leo, un allevatore di Cavrasto, nel Bleggio, era in cerca di una sua identità. Due estati fa, infatti, Leo si vede arrivare nel cortile di casa «una gallina bianca e stortignaccola che arrancava con movenze snob o solo impacciate».

Industrial è stata chiamata così, spiega Leo all’amico, perché è certamente volata giù dal camion che la stava portando da qualche allevamento industriale della zone di Ponte Arche (da qui il nome) alla macellazione nel veronese. «Era arrivata in Trentino - continua il racconto - pulcino 35 - 40 giorni prima, con addosso due chiletti di valore aggiunto, un po’ di becchime, farine generiche, antibiotici, qualche altro intruglio, acqua e aria di montagna (per la pubblicità)». Inutile dire che per lei la caduta dal camion per la macellazione era stata una vittoria al bingo, ma che il suo aspetto era molto diverso dalle galline ruspanti con cui si era trovata a condividere il nuovo spazio.

La prima reazione di questa gallina che viene descritta con zampe ipertrofiche con unghie lunghissime e un petto così esagerato da sembrare una malformazione, era stata quella di rimanere immobile per due settimane. Del resto che ne sapeva quella gallina allevata in batteria di uomini, animali, piante, spazi aperti, lei che non dormiva mai, scambiava la notte per il giorno, in modo che si ingozzasse 24 ore su 24?

Nonostante tutto, per Industrial, inizia una nuova vita e dopo qualche tempo riesce a emettere il “coo...coo” come da copione, accennare a qualche passo, beccare autonomamente, anche se le altre galline se ne stanno alla larga, così come il gallo, che ci aveva provato, provocando una reazione inconsulta da parte di una gallina che non ha mai imparato i comportameni della sua specie. Del resto era stata programmata per vivere con altre 4 o 6 colleghe, nella stia, tre quarti di metro quadrato per 40 centimetri di altezza. Dopo qualche mese, in autunno, Industrial è quasi normalizzata: zampe e petto non sono più ipertrofici, ha fatto perfino un uovo. Se non che il suo destino è segnato: ad anno dalla sua fuga, l’estate dopo, lei che non sa niente di pericoli, si incammina verso il recinto dei maiali, che la mangiano. Conclude il nostro narratore: «Programmata come un reattore chimico per trasformare a basso costo becchime e acqua in petti, cosce e alette e poi scampata alla sorte da una propizia caduta da un camion, ha tentato di dare un senso al suo esserci, ma non sapeva nemmeno lei quale. Rispetto alle sue compagne di stia, divenute polli in offerta speciale lo stesso giorno in cui lei faceva bingo, Indutrial ha almeno avuto la possibilità di assaggiare la vita. Forse ne aveva inteso il gusto o forse non aveva capito niente. Ma almeno ci ha provato». (sa.m)

 













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