Immobili vuoti, la Provincia ora vende

Edifici dismessi, strutture sanitarie, case cantoniere: il valore sfiora i 160 milioni. Gilmozzi: «Risorse per nuove opere»


di Chiara Bert


TRENTO. Quando le entrate calano - e le entrate dallo Stato alla Provincia sono calate e caleranno di centinaia di milioni con il venir meno dei gettiti arretrati - una delle strade per incamerare risorse è quella di vendere ciò che si possiede. Nel caso della Provincia vendere gli immobili di proprietà che oggi risultano inutilizzati, in molti casi abbandonati. Si chiama «valorizzazione del patrimonio» e la giunta intende cominciare a percorrere questa strada a partire dalla prossima legge finanziaria che sarà pronta in autunno. «Dobbiamo cominciare», spiega l’assessore alle infrastrutture Mauro Gilmozzi, «qualche edificio che si può inserire c’è già».

È servito più di un anno di lavoro per avere un quadro - ancora parziale - di quanti sono, e quanto valgono, gli immobili di proprietà della Provincia e delle sue società: tra edilizia abitativa, edifici scolastici e sportivi, strutture sanitarie, magazzini e attività produttive, musei e castelli, uffici, aree e altre strutture, il patrimonio complessivo è stimato qualcosa come 4,6 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunte le proprietà di Trentino Trasporti. Di questo patrimonio, circa 158 milioni è il valore degli immobili vuoti che la Provincia pensa di riconvertire oppure di vendere.

In alcuni casi la strada della vendita è già stata tentata senza successo, come per le ex caserme austroungariche alle Viote del Bondone (valutate 5,7 milioni). In altri, come l’ex scuola provinciale della montagna di Passo del Tonale, la Provincia ritenta con la vendita all’asta dopo la prima andata deserta, con una base di gara passata da 1,27 milioni a 900 mila euro. La lista è lunghissima: si va da immobili che ospitavano attività produttive (ex Alumetal di Mori, ex Peterlini, ex Sait ed ex macello a Rovereto, l’ex Macera Tabacchi a Levico) a edifici scolastici (ex Istituto Artigianelli di Pergine, ex Gil a Rovereto), a strutture sanitarie (ex Villa Rosa di Pergine, l’ex ospedalino di Trento, l’ex Casa Serena a Cognola), a uffici (l’ex Questura di piazza Mostra a Trento), a case cantoniere (Folgaria, Pozza, Ala), a strutture residenziali (ex Hotel Panorama di Sardagna, ex colonia del Monopolio di Stato a Coredo). L’intenzione della Provincia è di siglare un accordo con Invimit, la società che fa capo al ministero dell’economia e che si occupa di fondi immobiliari. In questo modo Piazza Dante potrebbe conferire ad un fondo gli immobili che intende vendere e della cui valorizzazione si occuperà Invimit, che verserà risorse pari al valore del bene da destinare a una nuova opera pubblica. «In questo modo - spiega Gilmozzi - avremo subito risorse per realizzare investimenti, è una strada che anche i Comuni potranno percorrere».

Certo è evidente che per essere messo sul mercato, un immobile deve avere una destinazione urbanistica possibilmente appetibile per i privati. Di qui il pressing dell’assessore sui Comuni: «Bisogna essere snelli, non si può perdere un anno di tempo per decidere. Vogliamo partire dalla prossima legge finanziaria».

Critica con la strada scelta dalla giunta la Lega Nord: «La valorizzazione del patrimonio pubblico immobiliare con la vendita di immobili a società di gestione del risparmio "romane" al fine di recuperare risorse, ci lascia qualche dubbio», scrive il segretario Maurizio Fugatti. «Da una parte perché oggi il mercato degli immobili è comunque debole, e quindi si doveva pensare prima a una simile ipotesi con il rischio che oggi ad essere interessati nella operazione sono solo gli immobili migliori, e poi farci gestire dai romani il nostro patrimonio non pare del tutto opportuno in una terra di autonomia».

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