Il presidente del Coni trentino: "Siamo100 mila ma la politica ci snobba"

Il riconfermato presidente Giorgio Torgler chiede più attenzione: "La voce sport in Provincia vale tre milioni di euro. In Trentino i bambini in sovvrappeso sono il 18,9 per cento. Con qualche euro in più si risparmierebbero milioni per le cure dell'obesità"


Gianpaolo Tessari


TRENTO. Sognatore? Forse. E se ne chiedi conferma a Giorgio Torgler non fa mica spallucce: «Un’attività sportiva che faccia squadra per davvero, che coinvolga i giovani e non li esasperi? Magari sarà una visione da sognatore ma di sicuro avrebbe ricadute e benefici molto tangibili. Anche da un punto di vista economico» osserva. Torgler, al terzo mandato da presidente del Coni, è alla testa di un esercito in pantaloncini e scarpette di oltre 100 mila praticanti. Ma la sua visione è tutt’altro che da poeta dello sport ed in questo colloquio la esplicita con tanto di cifre: «La voce sport in Provincia vale tre milioni di euro. Dalle Casse Rurali trentine, con cui abbiamo un rapporto di partnership molto valido, ci arrivano contribuiti per quattro milioni di euro all’anno. Ma fa anche pensare che a riforma scolastica provinciale voglia abolire l’unica scuola superiore ad indirizzo sportivo, il Pozzo». Ma per Torgler il problema è anche quello di una motivazione che più che allo sport guarderebbe all’agonismo: «Partiamo molto bene. Alle scuole primarie, le elementari fanno attività fisica quasi tutti. Si iscrivono alle varie discipline, con entusiasmo. Il problema è che il tasso di abbandono, man mano che crescono, è altissimo. Alle scuole medie il numero dei tesserati è dimezzato. E alle secondarie si divide ancora a metà».
Senta presidente Torgler, non si può fare a meno di notare come voi del Coni siate un esercito. Tra atleti e dirigenti 100 mila e più iscritti. E tutto questo nel piccolo Trentino. Sareste un super partito.
«Alt. La fermo subito, ho capito dove vuole arrivare. Lo sport è trasversale, non è né di destra né di sinistra. Ed il suo presidente, cioè io, non ha nessun’ambizione di fare il candidato politico. Tra l’altro, visto che siamo in tema, si è visto che neanche rappresentare lo sport in Provincia, fare l’assessore, è garanzia di essere rieletti. Lo sport parla a tutti, non è etichettabile politicamente e quindi non offre rendite».
E, più in generale, come sono i rapporti tra voi del Coni e, per l’appunto, la politica, il governo del Trentino?
«Noi dobbiamo limitarci ai fatti. La voce sport in Provincia vale tre milioni di euro. Dalle Casse Rurali trentine, con cui abbiamo un rapporto di partnership molto valido, ci arrivano contribuiti per quattro milioni di euro all’anno».
Quindi le Rurali “pesano” di più che la Provincia?
«Queste sono le cifre. Fanno riflettere ma fa anche pensare che a riforma scolastica provinciale voglia abolire l’unica scuola superiore ad indirizzo sportivo, il Pozzo. Non è un segreto che, sempre nelle scuole, se si debbono tagliare delle ore di lezioni si scelga di togliere l’ora di motoria, quella che un tempo si chiamava ora di ginnastica. E anche questo la dice lunga. Eppure con maggiore attenzione allo sport si risparmierebbero, parliamo dell’ente pubblico, fior di quattrini».
In che senso lo dice Torgler?
«Io parlo dello sport come attività fisica, aldilà dell’agonismo. Dopo su questo ci torniamo. Le dicevo del possibile risparmio se si incrementasse il finanziamento dello sport. Il tutto in termini sanitari. Mi spiego e lo faccio con dati ufficiali, pubblicati: in Trentino i bambini in sovvrappeso sono il 18,9 per cento. E gli obesi sfiorano il 5 per cento. In quest’ottica i costi sociali dell’obesità, considerata ormai una malattia cronica, sono molto elevati. Il dato nazionale che stima il costo dell’obesità al 7 per cento della spesa nazionale, rapportato al Trentino vale 45 milioni di euro di sole spese ospedaliere. Non crede che con un milione di euro in più a noi, se ne risparmierebbe, come minimo, una decina?».
Ma insomma siamo no o no, noi trentini, un popolo di sportivi?
«Partiamo molto bene. Alle scuole primarie, le elementari fanno attività fisica quasi tutti. Si iscrivono alle varie discipline, con entusiasmo. Il problema è che il tasso di abbandono, man mano che crescono, è altissimo. Alle scuole medie il numero dei tesserati è dimezzato. E alle secondarie è di nuovo diviso a metà».
In effetti la “mortalità” sportiva fa spavento. Le ragioni principali, viste dal vostro osservatorio privilegiato, quali sono?
«Sono molteplici. La principale purtroppo, è quella che i ragazzini partono con molta voglia di fare di divertirsi ma debbono quasi subito fare i conti con tatticismi ed esasperazioni. Situazioni che, invece di motivarli e di farli divertire, li convincono a smettere. Non è raro che anche in formazioni di pulcini ci siano dei ragazzini che passano l’intera stagione relegati in panchina. Gli allenatori vogliono vincere i tornei, le società fanno pressione. Ma questo non è lo sport che ci serve. E il calcio che fa litigare i genitori sulle tribune, con intuibili riflessi sui più piccoli».
Va di moda il calcetto?
«E’ tutto un fiorire di squadre, è vero. Se siamo contenti? In parte: se si guarda in giro tutte le palestre sono ormai prenotate per il calcio a 5. E così tutte le altre attività sono in grande difficoltà per svolgere gli allenamenti. Non ci sono più spazi liberi».

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