Il partigiano Quintino si è spento a 93 anni 

Corradini viveva nel suo maso in quota, fedele ai suoi ideali. Arruolato nella Garibaldi, era stato internato a Bolzano


di Luciano Chinetti


CASTELLO-MOLINA. Ieri mattina nella sua baita di Arodolo, sopra Molina se n’è andato Quintino Corradini l’ultimo partigiano e l’ultimo eremita di Fiemme. L’11 ottobre scorso aveva compiuto i 93 anni. Quintino Corradini, conosciuto con il simpatico soprannome del “contadino maoista” è stato fedele fino all’ultimo ai suoi ideali.

È stato comunista da ragazzo e comunista è rimasto fino alla fine, fedele alla sua idea usque ad mortem. Vivere in una baita da solo, a 1350 metri di altitudine, rinunciando alle comodità è stata una sua scelta che aveva abbracciato da oltre una quarantina d’anni, incurante del progresso e delle lusinghe del consumismo. Fino a qualche anno fa, quando era ancora in forma andava a fare la spesa nel paese di Molina con la sua ape car. In maniche di camicia anche in inverno, incurante del freddo e delle intemperie. Il 13 settembre del 2013 i rappresentanti dell’Anpi provinciale sono salito fino ad Arodolo per festeggiare Quintino Corradini insieme all’amico del Gherlenda, Corrado Pontalti “Prua”, ricordato dal presidente Sandro Schmid. Il 5 settembre scorso ad incontrare il partigiano Quintino Corradini era arrivato anche lo scrittore Erri De Luca. E sulla sua storia Gabriele Carletti, giornalista della Rai di Trento, ha realizzato un documentario di una ventina di minuti, "La scelta di Quintino" proiettato per la sezione "Orizzonti vicini" allo scorso Trento Filmfestival.

Quintino Corradini con il nome di battaglia “Fagioli” è stato uno degli organizzatori della prima formazione partigiana del Trentino, la Cesare Battisti. Un uomo che amava la montagna e che viveva in simbiosi con la natura, il ritmo della vita e delle stagioni. Fino a all’ultimo faceva tutto da solo: curava la casa, piena di ricordi come un museo, i suoi pasti frugali, la legna, le sue pecore, il gallo e le sue galline che gli tenevano compagnia. Sulla parete del terrazzo conservava il grande ritratto di “Che Guevara”. Perché Quintino anche dopo la Liberazione ha sempre creduto nell’ideale internazionalista.

È stato fra i primi a visitare la Cina di Mao, la Corea del Nord e la sua amata Cuba, dove ha conosciuto personalmente “Che” e Fidel Castro. Ma Quintino Corradini ha alle spalle una storia ricca, fino da quando ha aderito alla Resistenza. Nel gennaio del 1944 a soli 19 anni, per non arruolarsi con i tedeschi decide di passare alla clandestinità con il suo amico Bruno Frank, disertore della Wermacht e suo fratello Tullio. Il primo contatto è con il cugino Silvio Corradini “Riboldi”, antifascista già condannato al confino. Poi con il Cln di Cavalese, gli insegnanti Andrea Mascagni “Corsi” in contatto con Gianantonio Manci, Mario Leoni “Bortolotti”, Giovanni Tosca “Cavada”, il farmacista Giovanni Franzellin”Giovanni”, Ariele Marangoni “Spinella” e Anna Caluser Bosin. In aprile la prima “banda partigiana del Trentino” conta più di 20 uomini. Sono “I ribei de Cadin” della Brigata “Battisti”. Il loro comandante è Armando Bortolotti “Mando”. Prendono posizione a 2000 metri, a malga Caseratte, in val Cadino con ancora un metro di neve. La Brigata arriverà a 35 uomini. Il campo è spostato ancora più in alto a un’ora di distanza dalla malga. L’obiettivo principale è quello di sabotare le comunicazioni con il Brennero. Così ricostruisce la storia Mario Cossali dell’Anpi: «A seguito di delazioni vengono arrestati e processati a fine luglio a Bolzano 23 partigiani. Quattro di loro saranno condannati a morte, tre impiccati a Sappada e uno fucilato a Fonzaso. Quintino riesce più volte a sfuggire alla cattura e prosegue la guerriglia partigiana con altri compagni. Nel corso di una azione contro la caserma viene ferito ad un occhio che resterà menomato. Viene infine catturato, alla vigilia di Natale del 1944, assieme a Frank e Reich ed internato nel lager di Via Resia a Bolzano dove, nonostante le gravi sevizie subite e le precarie condizioni fisiche dovute alle fratture riportate in occasione della sua cattura, riesce a sopravvivere anche grazie alla pietà del medico del campo».

E aggiunge: «Il Quintino che abbiamo conosciuto noi dell'Anpi del Trentino, l'ultima visita felice l'11 ottobre scorso, il Quintino combattente ha pensato bene di finire i suoi lunghi giorni nel suo rifugio. Ci ha lasciato nel sonno, ma ci ha comunque lasciati un po' più soli».













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