Il guard rail trentino non salva la vita, Provincia bocciata

Protezioni inadatte per i motociclisti. E il nuovo brevetto fatto in casa è stato un flop. Installare un unico dispositivo come avviene in Alto Adige? Proposta bocciata dal vicepresidente della Provincia Alberto Pacher: «Non è sicuro»


Luca Petermaier



TRENTO. Strade affascinanti, curve attraenti, tornanti che attirano migliaia di centauri ogni anno. Il Trentino è il paradiso per i motociclisti, ma ne è anche un po' l'inferno. Tutto per colpa dei guard rail installati sulle strade trentine, inadatti a garantire la massima protezione di chi va in moto. Sogno impossibile da realizzare? No, visto che i cugini altoatesini ce l'hanno fatta.
«Guard rail killer». Quante volte abbiamo letto questo titolo sui giornali in occasione di incidenti stradali che, per colpa delle protezioni a bordo strada, hanno avuto conseguenze peggiori di quelle che (forse) lo schianto di per sé avrebbe determinato.
Ma i guard rail possono rivelarsi armi micidiali, come sottolineato di recente anche in una interrogazione della Lega Nord che ha chiesto alla giunta il motivo per cui in Trentino non trovino diffusione i sistemi di protezione dei guard rail a tutela dei motociclisti, quando invece nel vicino Alto Adige le protezioni a bordo strada sono state tutte omologate anche a difesa dei centauri.
La differenza tra Trentino e Alto Adige sta tutta nella scelta dei modelli di guard rail da montare. Nella nostra provincia la decisione è stata quella di acquistare barriere di varie case, a seconda del tipo di strada o curva che era necessario proteggere. Questo ha determinato un «mosaico» di barriere, una diversa dall'altra anche lungo lo stesso rettilineo. Gli ingegneri del Servizio strade giurano che questo sistema consente di montare le migliori barriere a seconda del punto di strada da proteggere. Può essere, ma questa scelta determina come immediata conseguenza quella non poter facilmente «modificare» i guard rail per installarci sopra le protezioni specifiche per i motociclisti. Ogni protezione (anche se lunga pochi metri) dovrebbe essere nuovamente testata con uno specifico crash test, procedura assai gravosa e forse impossibile da realizzare.
Nel pragmatico Alto Adige hanno invece risolto il problema da tempo. Come? Brevettando un proprio guard rail (si chiama Pab, acronimo di Provincia Autonoma di Bolzano) che nel corso degli anni è diventato l'unico o quasi installato lungo le strade della provincia. I vantaggi della scelta sono evidenti: manutenzione più facile e soprattutto possibilità di modificarlo facilmente per renderlo sicuro anche per i centauri. E' sufficiente testarlo una sola volta e il gioco è fatto.
L'idea di Bolzano (quella del guard rail fatto in casa) è piaciuta anche ai cugini di Trento che l'hanno copiata. Nel 2006 la Provincia di Trento ha commissionato lo studio e infine omologato un proprio guard rail. Il risultato - almeno secondo gli esperti del settore - è stato un mezzo flop: oltre a non montarsi bene in curva, lo spessore del tubo applicato in orizzontale è anomalo rispetto agli standard in commercio e dunque la sua reperibilità è piuttosto complicata e soprattutto a prezzi elevati. Il risultato è che il guard rail «made in Provincia» è stato sistemato solo lungo pochi chilometri di strade (a Segonzano, Val di Non, Calavino e Vallarsa), mentre la stessa Provincia - in molti capitolati per la fornitura di barriere stradali - sempre più spesso richiede il modello altoatesino che, tra l'altro, costa pure la metà: 50 euro al metro contro i circa 100 di quello trentino.













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