Il governo alza il tiro Rossi: proposte irricevibili

Il presidente torna a mani vuote dall’incontro con il ministro Delrio Bozza peggiorativa della Ragioneria. Parlamentari in pressing sui ministri


di Chiara Bert


TRENTO. «Se il testo della legge di stabilità che ci è stato proposto rimane così, per noi è irricevibile». Si chiude così, senza note di ottimismo, la prima trasferta romana di Ugo Rossi da presidente della Provincia. Nubi minacciose si addensano sulle autonomie speciali a meno di una settimana dall’approdo in aula della legge di stabilità. Il governo - o meglio sarebbe dire il ministero dell’economia - non sembra sentire ragioni e non intende rinunciare, per risanare i conti pubblici, ai 4 miliardi di entrate delle «riserve all’erario», ovvero il gettito delle imposte previste dalle manovre dei governi Berlusconi e Monti Regioni e Province autonome, nonostante la Consulta abbia già giudicato la misura incostituzionale: per Trento si tratterebbe di mancati introiti per 700 milioni di euro (140 milioni l’anno per i prossimi 5 anni). Non solo: circola una nuova bozza della Ragioneria dello Stato - che non è ancora a disposizione dei parlamentari - che Rossi non esita a definire «più regressiva rispetto alla formulazione attuale della legge di stabilità», che reintrodurrebbe i costi standard andando a smentire lo stesso accordo di Milano del 2009 tra Dellai e Tremonti.

Nonostante lo spiraglio contenuto nella relazione alla legge di stabilità - con il governo pronto a rinunciare alle riserve all’erario in caso di accordo con la Provincia entro aprile 2014, la situazione è improvvisamente virata verso il brutto. Ieri pomeriggio nella capitale Rossi ha incontrato il ministro degli affari regionali Graziano Delrio, un faccia a faccia senza tecnici. Ma alla fine del vertice Rossi è laconico: «Poteva andare meglio». Il ministro, che ieri mattina ha parlato con il premier Enrico Letta, ha confermato che sta lavorando per modificare il testo della legge con un emendamento che vada nel senso della proposta di Trento e Bolzano, ovvero eliminazione delle riserve all’erario e assunzione in carico alle Province delle spese che lo Stato sostiene sul territorio (circa 470 milioni all’anno), in cambio della possibilità di gestire in modo autonomo alcune partite in primis i tributi locali. «Il problema - ammette Rossi - è che il ministro è in un governo che si affida alla Ragioneria che ha un’impostazione molto centralista. La proposta che sta circolando è addirittura più regressiva, reintrodurrebbe i costi standard, cose che vanno oltre l’accordo di Milano. Noi siamo abituati a vivere in una terra dove la politica e la burocrazia più o meno vanno nella stessa direzione e dove le cose sono trasparenti, evidentemente a Roma non è così».

Rossi con il ministro è stato netto: «Siamo disponibili a ragionare, ma se il testo non cambia per noi è irricevibile e lo impugneremo davanti alla Consulta. La nostra proposta è nota da tempo, ora spetta al governo farne di praticabili e serie». Il governatore ieri ha anche contattato i parlamentari trentini, «i quali - spiega - sono d’accordo che se le proposte restano queste, la legge di stabilità non si vota. Che significa di fatto uscire dalla maggioranza». Tra i parlamentari in realtà le sfumature sono diverse. Se Panizza e Ottobre minacciano apertamente di votare contro, il senatore Vittorio Fravezzi (anche lui del Gruppo Autonomie come Panizza) ammette «la forte insofferenza» ma dice: «C’è ancora del tempo vediamo di sfruttarlo, stiamo facendo pressioni su ministri e sottosegretari». E Giorgio Tonini (Pd): «Non è una decisione che posso prendere da solo. Questa è ancora la fase della trattativa. Faremo tutto quanto è possibile per convincere il governo».

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