Il giovane Andrea e il professor Guglielmo


Paolo Mantovan


Chi ha vinto? Sicuramente Adalberto Mosaner. Dopo anni in sala d’attesa, il socialista-ambientalista di Riva ce l’ha fatta. Alla grande. La costanza premia. A Rovereto, invece, ha vinto l’incertezza. Divisa in tre blocchi, Rovereto va cercando se stessa. Ora dovrà decidere: Miorandi o Valduga? Il giovane o il politico di lungo corso?
Le elezioni comunali ci offrono molti spunti. Prima di tutto sulle storie degli uomini e delle donne. E poi sui partiti.
Il lettore ci scuserà, ma parliamo prima dei partiti, anche perché ci mettiamo molto poco. Il dato evidente è che l’Upt, il partito di Dellai, è svanito. Forse perché il cosiddetto «centro», quell’area che tutti cercano di presidiare, in realtà è ormai figlio di nessuno: è l’elettore a decidere chi sta al centro. A volte (come a Riva, ma non solo) ci sta addirittura il Partito democratico, che non è più avvertito (almeno qui in Trentino) come l’erede del Pci-Pds-Ds. Insomma, il Pd non fa più paura, e risorge anche a Rovereto, riportando la voglia di partiti (insieme a quelli del centrodestra) nonostante cinque anni di sindaco-commissario Valduga. Ma al centro, in altri casi, ci sta comodamente il Patt di Ugo Rossi che, ci scusi l’accostamento, sceglie con civetteria di stare con il centro (destra) o con il centro (sinistra) a seconda dei diversi umori della popolazione. Oppure al centro ci stanno le civiche, come quelle di Valduga (di nuovo) che a Rovereto prosciuga l’Upt e tiene ancora in quarantena il Pdl.
 A proposito di Pdl (e qui finisco sui partiti) il simbolo non tira affatto. Senza Berlusconi il tricolore della libertà perde peso anche nell’immaginazione dell’elettore. L’Alberto da Giussano della Lega invece mantiene il suo fascino. Roba da ridere rispetto al vicino Veneto, ma niente male.
 E le persone? Rovereto fa storia a sé. Era la partita più attesa e lo conferma nel voto. Spaccata in tre (centrosinistra, centrodestra e area Valduga) dimostra che non ha ancora scelto il suo futuro. Ma l’ha solo rinviato: dovrà decidere se riconfermare il sindaco degli ultimi cinque anni o se puntare su un uomo nuovo. E qui molto dipenderà dai due protagonisti. Quindici giorni sono tanti: Valduga dovrà continuare a dimostrarsi libero dai partiti, mentre Miorandi dovrà insistere nello spiegare che la sua gioventù è spirito di rilancio e non inesperienza. Barbara Lorenzi, la candidata del centrodestra, resta alla finestra. È riuscita in una bella impresa: ha ricucito il centrodestra a Rovereto e ha messo le basi per un futuro di opposizione. Ma deve attendere l’esito del ballottaggio: una vittoria di Valduga la rimetterebbe nell’angolo. A meno che non sappia intessere un dialogo con il professore prima del duello del 30 maggio.
 Le persone, si diceva. Mario Morandini ad Arco si è guadagnato il ballottaggio (ed è in testa) con una grinta straordinaria. Si è lanciato in campagna elettorale come se fosse già il sindaco: una strategia perfetta, ma non sufficiente per vincere al primo turno. È riuscito a piazzarsi al centro (il fatidico centro) ma non lancia l’Upt, che anche ad Arco si ferma al 6 per cento. Paolo Mattei, il suo avversario, non è molto lontano. Gli arcensi decideranno fra due candidati forti. E cercheranno garanzie per essere forti almeno quanto Riva: perché un ruolo fondamentale lo giocherà la spinta campanilista.
 Anche perché a Riva del Garda Adalberto Mosaner ha vinto in carrozza al primo turno, offrendo l’immagine di una città unita. Un risultato che alcuni davano per scontato, ma che non lo è affatto per la storia di Mosaner che si era visto soffiare la candidatura da primo cittadino in più di un caso. Questa volta toccava proprio a lui, vuoi vedere che... E invece no. Mosaner è il nuovo sindaco di Riva ed è un socialista che torna in primo piano. In un’epoca in cui, molto più che negli anni passati, si sente la nostalgia del socialismo riformista, la vittoria di Mosaner è un elemento di «novità».
 Una citazione per il giovane Mattia Gottardi, un vero tornado a Tione. E per Gianpiero Passamani, un «uomo del fare» che Levico voleva fortissimamente.

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