«Il Concorsone? Una farsa Ci sentiamo offesi e feriti»

Un gruppo di insegnanti delle medie racconta l’esperienza al concorso scuola «Abilitati col massimo dei voti un anno fa e ora bocciati. No, non ci riproveremo»


di Chiara Bert


TRENTO. Increduli, feriti, arrabbiati. Più di ogni altra cosa: impotenti. Quando uscirà il nuovo concorso della scuola, parteciperete? «No, non lo faremo», rispondono amari, «cosa cambierebbe?».

Sono sei docenti delle medie, hanno tra i 36 e i 48 anni: insegnano lettere, tedesco, arte. Precari da una decina d’anni. Abilitati Pas (il Percorso abilitante speciale) con il massimo dei voti un anno fa tra tanti sacrifici, di tempo e di denaro, le tasse universitarie, i soggiorni all’estero, le aspettative studio non retribuite. Oggi bocciati al Concorsone della scuola. Un risultato di cui non si capacitano. Per questo hanno voluto raccontare al giornale la loro esperienza.

N. e I. insegnano tedesco in Valsugana: «Abbiamo la certificazione linguistica C1, una di noi anche il patentino di certificatrice. Abbiamo fatto un percorso a Bolzano di un anno, molto più lungo che nel resto d’Italia. Tutto in tedesco, esami con docenti tedeschi. Esame finale brillantemente superato con tanto di complimenti del presidente di commissione». Al Concorsone (105 partecipanti, 48 promossi) non hanno superato gli scritti. Il tedesco è una delle classi di concorso con più bocciati. Loro sono tra questi. «La selezione è stata più dura al Pas che al concorso, dove il programma chiedeva di prepararci perfino sulle varianti austriaca e svizzera del tedesco, sulla pedagogia, sulla Costituzione. Ma nelle domande (aperte) non abbiamo trovato nulla di tutto ciò. C’erano piuttosto domande vaghe (esempio: come organizzeresti una settimana di studio linguistico all’estero?), difficili da valutare con criteri oggettivi». Raccontano, le due insegnanti, che i loro colleghi sono rimasti basiti alla notizia che non avevano superato l’esame. E ora? «Continuerò a fare progetti in Clil e a preparare i ragazzi per la certificazione A2», risponde N.

M., insegnante quarantenne di lettere, un dottorato di francese alle spalle, confessa di aver pianto quando ha visto la valutazione del suo scritto: «Al Pas siamo stati valutati da docenti universitari, al concorso da colleghi che come unico requisito dovevano avere cinque anni di ruolo...». Il giudizio sui tempi e i modi dell’esame è severo: «Valutare un insegnante in 150 minuti fa passare l’idea che un docente lavora 18 ore in settimana. Io dico che non puoi chiedermi di preparare un’unità di lavoro (che sono più lezioni, ndr) in 18 minuti (il tempo per ogni domanda al concorso). Non siamo noi a dire che il livello delle richieste non era adeguato, lo hanno detto diversi stimati professori universitari». Per italiano, storia e geografia, 80 posti a concorso tutti per le medie, gli iscritti erano 155 e sono passati in 53: tra le percentuali più basse di promossi, come hanno ricordato qualche giorno fa dal Dipartimento della conoscenza. «Siamo la nuova generazione di insegnanti ma ormai troppo vecchi», si sfoga A., 36 anni, anche lei docente di lettere. «Ci hanno formato per lavorare per competenze e poi al concorso ci chiedono la letteratura da Montale a Leopardi, a noi delle medie a cui raccomandano di lasciar perdere per non disamorare i ragazzi che sono troppo giovani».

Da lettere ad arte, la musica cambia poco. C. e G. insegnano da anni arte e immagine: «Questo concorso è stato un terno al lotto. Noi abbiamo fatto lo scritto il 5 maggio e siamo rimasti in stand-by fino al 15 settembre, quando abbiamo sostenuto la prova pratica senza sapere se avevamo superato lo scritto». Erano più di 40, all’orale sono arrivati in 7. La prova vi è sembrata difficile? «È stato il presidente di commissione a dirci che la maggior parte di noi è caduto sulla domanda su una collezione temporanea alla Reggia di Caserta... Ci hanno chiesto una conoscenza della lingua straniera, è giusto, è un valore aggiunto, ma non un requisito per insegnare bene l’arte».

Alla coordinatrice dei dirigenti scolastici, che ha messo in guardia dal rischio di una sanatoria per i tanti che non hanno passato il concorsone, gli insegnanti replicano offesi: «Quale sanatoria? Noi abbiamo già un’abilitazione. C’è un anno di prova per i docenti, testateci».

«Su 30 insegnanti, un terzo nella scuola sono precari. Abbiamo tenuto in piedi la scuola trentina in tutti questi anni. Siamo davvero i più somari?», si chiedono senza risposta. «Perché hanno messo a bando così tante cattedre e poi bocciato così tanto?». Il loro sospetto lo dichiarano: «Dopo essere serviti a fare cassa con la nostra formazione, noi precari rispetto ai colleghi di ruolo costiamo meno, sui giorni di settembre scoperti dal contratto, gli scatti di anzianità, le ore di allattamento. E siamo disposti a fare di tutto per tenerci il lavoro, anche il Clil su cui molti colleghi di ruolo frenano». È amara la conclusione di A.: «Nella vita ho fatto altri lavori ma quando ho iniziato a insegnare è stato amore a prima vista. Adesso però basta. Mi sono decisa e ho scritto il mio primo curriculum». E N. aggiunge: «Da insegnante, se più del 20% dei miei studenti non supera una prova, mi faccio delle domande. Speriamo se le faccia anche chi ha organizzato questo concorso della scuola».

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