Il Biodistretto è realtà con tredici soci fondatori 

Oggi la prima assemblea dell’associazione che coinvolge cantine, aziende, coop Gli agricoltori «convertiti» sono 125: a Trento la superficie raggiunge il 50%  


di Sandra Mattei


TRENTO. «Una città dentro i vigneti» è la definizione data dalll’avvocato Elvio Fronza, presidente della Cantina sociale di Trento per parlare del biodistretto che si costituirà oggi e che ben rappresenta una realtà in crescita. Il lavoro dei 13 soci fondatori è iniziato da lontano ed oggi si svolge la prima assemblea dell’Associazione Biodistretto di Trento alla Cantina sociale alle ore 20.30.

Che l’impegno verso un’agricoltura biologica fosse una realtà ben radicata nel Comune di Trento era noto, visto che nel 2016 si registravano 520 ettari di superficie bio certificata, con 100 aziende coinvolte. In un solo anno, gli ettari coltivati bio sono passati a 817 e le aziende sono 125. Il Comune di Trento, che è anche il più esteso per superficie coltivata della provincia con 1750 ettari, ha raggiunto il record di coltivazioni senza l’uso di anticrittogamici: rappresentano il 50 per cento del totale contro la media provinciale che è del 4% e quella italiana che è del 10 -12%.

Ieri, la conferenza stampa in Comune per presentare l’Associazione Biodistretto di Trento con il portavoce Giuliano Micheletti e con la presidente dell’associazione Donne in campo Chiara March, insieme all’avvocato Fronza ed ai vertici del Comune: il sindaco Andreatta e gli assessori Andrea Robol e Roberto Stanchina, rispettivamente all’ambiente e alle attività economiche. Giuliano Micheletti ha ricordato il percorso fatto, con la sottoscrizione del Manifesto da parte dei soci fondatoti un anno fa al Festival dell’economia, con l’obiettivo di trasmettere una «cultura della coltura» e per ribadire il ruolo degli agricoltori come custodi della risorsa che è la terra e l’ambiente, siano essi bio o no. «La nostra è un’iniziativa culturale - ha precisato Micheletti - perché la difesa del paesaggio, inteso come risorsa a livello storico, ambientale, urbanistico e sociale, è centrale per l’agricoltura. Per questo abbiamo coinvolto sia aziende agricole, che cantine ed eco - ristoratori e confidiamo in un appoggio degli amministratori. Vogliamo rappresentare così una mediazione tra città e campagna, per salvaguardare i terreni coltivati e per introdurre anche elementi innovativi di valorizzazione dei nostri prodotti». Tredici soci fondatori: le Cantine sociale di Trento, Lavis, Aldeno, Ferrari, la Società Frutticoltori Trento, maso Martis, maso Cantanghel, coop sociali Progetto 92, Villa Rizzi, Samuele, azienda agricola Chiara March, quella, appunto di Giuliano Micheletti e Slow Food. È toccato quindi all’avvocato Fronza spiegare il significato di agricoltura bio: «Una parola che significa “vita”, che consideriamo un valore insopprimibile, ma alla quale dobbiamo dare un significato concreto, con frutti che siano sani. Per questo è necessario che la scienza trovi sempre nuove soluzioni alternative e naturali per le coltivazioni». E Fronza non ha risparmiato a questo proposito critiche alla Fondazione Mach, che ha definito «azzoppata». «Invece di ricercare il dna del larice - ha tuonato Fronza - dovrebbe dedicarsi di più alla soluzione della Drosophila Suzuki, la mosca che sta uccidendo le ciliege ed i piccoli frutti». Luca Sommadossi, presidente della cooperativa Progetto 92, ha chiarito il ruolo delle cooperative sociali coinvolte nel Biodistretto: «Il nostro obiettivo è dare una risposta a persone in difficoltà attraverso l’agricoltura sociale. Diamo anche noi un contributo alle coltivazioni “bio” ed a maggior ragione per noi è importante essere in una rete, per entrare in contatto con realtà non profit. Cerchiamo così di aiutare queste persone ad entrare nel mondo del lavoro, in sinergia con la realtà sociale».

È stata poi la volta degli amministratori, con il sindaco Andreatta che ha esordito così: «La nascita del Biodistretto è una bella notizia, un progetto che il Comune ha condiviso dall’inizio. Anche nel nuovo Prg il tema dello spazio coltivato è centrale e c’è l’idea di valorizzare il terreno agricolo, perché un bel vigneto è meglio di un parco così così». Pieno sostegno anche da parte degli assessori Robol e Stanchina. Il primo ha detto che sarà fondamentale mettere in rete le iniziative e i soggetti coinvolti, il secondo ha precisato che non si tratta di una gara tra agricoltori bio e no. «Sono due strade che possono incontrarsi, una grande opportunità per la città, anche dal punto di vista turistico».













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